sabato 23 agosto 2014

Francesco Guardi, non solo vedutismo

Francesco Guardi (Venezia, 1712 - 1793) si formò artisticamente nella bottega di famiglia, condotta dal fratello maggiore Giovanni Antonio fino al 1760, anno della morte di quest'ultimo.
Gran parte delle opere di quel periodo sono di difficile attribuzione, in quanto frutto della collaborazione fra i due.
Le opere di Francesco rivelano tuttavia una maggiore propensione al paesaggio e ai suoi valori atmosferici. Le sue opere di vedutista risentono inizialmente sia dei capricci di Marco Ricci, sia delle luminose prospettive del Canaletto, ma ben presto Francesco si libererà dell'influenza dei due grandi maestri per un vedutismo dal tocco rapido e guizzante, spesso indicato come anticipatore di metriche impressioniste, e che rivela una costruzione distorta e a volte allucinata delle figure, di un espressionismo accentuato e con una struttura anticonvenzionale del dipinto stesso.
La sua fase tarda conosce diverse ma coerenti esperienze: nel gennaio 1782 gli arciduchi russi Paolo Petrovic e Maria Teodorovna, chiamati Conti del Nord, visitano Venezia, onorati con festeggiamenti pubblici e Guardi ottiene dal governo veneziano di ricordare l'avvenimento in sei tele. Il processo di costruzione della forma per via puramente cromatica è evidente in tutte le opere tarde, come nell'Incendio degli olii a San Marcuola, che rievoca un dramma realmente avvenuto il 29 dicembre 1789 attraverso animati accenti di cromatismo magico.
Pittore prolifico continua a realizzare capolavori anche in età estrema come la Regata sul Canal Grande davanti Palazzo Mocenigo della Trezza vibrante e luminosa ripresa del passaggio delle gondole in gara davanti all'Ambasciata di Francia, datata 1791.
Francesco Guardi muore il primo gennaio 1793 nella sua casa veneziana di Cannaregio, in campiello de la Madonna.
"Nel gelo dei primi giorni del 1793 un corteo funebre attraversa il campo della Madonna delle Grazie a San Cancian. Dalle Fondamente Nuove, nell'atmosfera umida e opaca, le isole della laguna, i campanili, le cupole, sono contorni appena accennati; il limite tra acqua e cielo si perde in un orizzonte grigio. I lugubri rintocchi del requiem sono per Francesco Guardi, il pittore ottantenne divenuto celebre per le sue vedute della città, spesso appena abbozzate, accennate. proprio come accade nella luce malcerta e triste di questa mattina d'inverno. Sotto i mantelli neri, coloro che partecipano alla modesta cerimonia rabbrividiscono, ma non solo per il freddo di gennaio. Molti sanno che è morto l'ultimo grande pittore della Serenissima; forse qualcuno intuisce che anche l'antica Repubblica sta ormai agonizzando".
(Stefano Zuffi)


domenica 3 agosto 2014

L'altana del poeta

Nel 1899 Henri de Régnier arriva per la prima volta a Venezia e soggiorna a Ca' Dario, ospite delle due proprietarie di allora, la contessa de la Baume e M.me Bulteau.
Ecco come il poeta racconta la sua scoperta dell'altana del palazzo, che gli ispirerà poi il titolo del libro dedicato a Venezia:
"Non ho voglia di dormire. Dove può portare questa scaletta, di cui ho intravisto sul pianerottolo, entrando nella mia camera, i primi gradini? Forse a qualche soffitta? Proviamo.
Arrivo davanti ad una porta, chiusa da un semplice catenaccio. La apro e mi trovo all'aperto su una piattaforma di legno, delimitata da un parapetto. Questa terrazza, questo belvedere, è posato sul tetto del Palazzo. Da qui io domino il pendio delle sue vecchie tegole e sono vicino ai suoi alti camini, uno dei quali termina a forma di dado e l'altro a imbuto.
Che vedo ancora? Un angolo luccicante del Canal Grande, la cupola tondeggiante d'una chiesa, poi altri tetti, altri camini, tutto questo bagnato dal chiarore d'una luna splendente, avvolto in un silenzio profondo, in cui percepisco ora, lontano e come sordamente ritmato, un sussurro che è una presenza e che saprò più tardi essere il mormorio del mare che s'infrange sulla spiaggia del Lido.
Ma questa sera, questo sussurro, non è per me che il respiro della maga addormentata e il vivo sospiro della sua bellezza.
So solamente una cosa in questa bella notte di settembre, ed è che questo silenzio, questo chiaro di luna, questo palazzo, questa terrazza sospesa, che io non chiamo ancora altana, tutto questo è Venezia, e io sono felice".

(Henri de Régnier, "L'altana ou la vie vénitienne")