"E poi c'è tutta l'altra Venezia: quella interna, delle calli, dei campi, dei rii, delle rive remote, quella che forma il gran corpo della città. Città sempre un poco strana e segreta, anche a chi l'abbia in antica consuetudine, che non si lascia comprendere intera neppure da chi ne abbia la labirintica topografia stampata nella testa e sotto la pianta dei piedi...
Una cosa mi par di capire e di poter dire con certezza (una cosa evidente, del resto): che codesta ragione o legge è di origine acquatica. Una città fabbricata in mezzo all'acqua, su cento isolotti, separati l'un dall'altro da centocinquanta canali, non può avere la forma organica di un'altra, fabbricata sul monte, o nella pianura, o sia pure in riva al lago o al mare.
Prima la necessità materiale, poi quell'altra, d'ordine spirituale, ch'è la fantasia, hanno condotto i costruttori di Venezia a obbedire all'elemento dominante nella loro sfera di vita, rifiutando tutti i modelli esistenti, ascoltando solo i precetti urbanistici delle maree, delle correnti, dei flussi e riflussi; e delle fasi lunari, e dei venti e della mutevole luce".
(Diego Valeri, Guida sentimentale di Venezia)
Dalla targa a lui dedicata in Fondamenta dei Cereri:
"Qui c'è sempre un poco di vento, a tutte le ore di ogni stagione, un soffio, almeno un respiro. Qui da tanti anni io ci vivo e giorno dopo giorno scrivo il mio nome sul vento" (1975)