Un primo monastero di monache benedettine riservato al patriziato venne fondato nell’850 per iniziativa della potente famiglia Partecipazio, con il tempo il complesso accrebbe le sue ricchezze in maniera vertiginosa, già nel 1100 era proprietario di circa 200 immobili in città e vari appezzamenti in campagna, tutte rendite utili che si sommavano alle ricche doti portate delle novizie che provenivano tutte da benestanti famiglie nobili.
Nel tempo chiesa e monastero hanno subito numerosi lavori di restauro e modifiche, durante uno di questi lavori andarono purtroppo dispersi i resti di Marco Polo che qui era sepolto. San Lorenzo oltre ad essere uno dei due conventi riservati ai patrizi (l’altro è San Zaccaria) era anche uno dei cinque conventi doppi dove cioè vivevano sia frati che monache. E' chiaro che trattandosi di donne costrette alla vita conventuale dalle loro famiglie solo per accrescere il capitale dei figli maschi, queste non erano esattamente guidate dalla vocazione! E così per rivalsa esigevano distinzioni e privilegi, anzi, nei conventi, lontane dalla severità familiare, erano in un certo senso più libere e potevano abbandonarsi ad un ozio raffinato e libertino.
Ma non tutte accettavano supinamente il loro destino: una voce forte fu quella della monaca Anna Tarabotti che all’inizio del 1600 scrisse un libretto titolato: “L’inferno monacale”, dove denunciava le autorità politiche e religiose di basso maschilismo, contestando i condizionamenti, le repressioni e le mortificazioni che le sue contemporanee, lei per prima, dovevano subire – ma fu una voce isolata, le costrizioni perdurarono e così i vizi ed i lussi delle monache. Da citare una nota dal diario del Granduca di Toscana Cosimo III, che venne qui in visita agli inizi del 1700, dove descrisse le monache in ”abito più da ninfe che da monache”.
Ma tutta questa libertà portava una seria preoccupazione: le gravidanze indesiderate – in tutta la città per questo v’erano diverse imprese che producevano contraccettivi, fabbricati con budella di animali, in dialetto erano chiamati "condoni", termine che qualcuno fa risalire ad un ipotetico medico inglese Condom di cui però non c’è alcuna certezza della sua esistenza, più probabilmente deriva dal latino “condere”="proteggere". Questo interesse al profilattico era dettato anche dal tentativo di difendersi dalla sifilide, malattia la cui prima epidemia esplose nel 1496 con la discesa di Carlo VIII di Francia alla conquista del Regno di Napoli (ed è per questo tra l’altro che la sifilide viene anche detta "mal francese", cosa curiosa è che in Francia invece la chiamano "mal napolitaine"). Tra i personaggi famosi colpiti dalla sifilide ricordiamo Casanova, Giorgio Baffo e Papa Giulio II!
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giovedì 30 settembre 2010
Il convento di San Lorenzo
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lunedì 27 settembre 2010
Le profezie di San Malachia
San Malachia era un monaco benedettino irlandese vissuto nell'XI secolo. Nato ad Armagh nel 1094, ancora adolescente divenne l'abate del proprio convento. Cominciò ad avere visioni nel 1139, in occasione del suo primo viaggio a Roma. Dopo questa visita Malachia O'Morgair scrisse le proprie profezie, composte da 111 frasi in latino, corrispondenti a 111 pontificati, da quello di Celestino II (1143-1144) fino all'ultimo pontefice, Petrus Romanus. Il penultimo è l'attuale pontefice, Benedetto XVI.
Secondo la profezia con l'ultimo papa Petrus Romanus, che secondo alcuni sarà portoghese, la Chiesa Cattolica Romana concluderà la propria esistenza.
San Malachia morì il giorno da lui stesso predetto: il 2 novembre 1148, a Chiaravalle, presso il suo grande amico San Bernardo da Chiaravalle.
Le sue Profezie vennero archiviate in Vaticano e pubblicate parzialmente la prima volta a Venezia solo nel 1527. La lista completa delle profezie venne poi pubblicata, sempre a Venezia, da Arnold Wion nel 1595. La scelta di pubblicare le Profezie di San Malachia a Venezia dipese sia dalla grande libertà di stampa ivi presente, sia per la presenza della più grande industria editoriale e tipografica d'Europa.
Questi sono i papi veneziani da lui profetizzati e realmente accaduti:
- Gregorio XII (1406-1415) (Angelo Correr): "Nauta de ponte nigro" [marinaio del Ponte Nero] Angelo Correr fu infatti anche vescovo dell'Isola di Negroponte, allora possedimento veneziano
- Eugenio IV (1431-1447) (Gabriele Coldumer): "Lupa coelistina" [lupa celestina] La lupa appare sullo stemma di Siena, città di cui fu vescovo, e dove faceva parte dell' Ordine dei Celestini
- Paolo II (1464-1471) (Pietro Barbo) "De cervo et leone" [del cervo e del leone] Egli fu vescovo di Cervia ("cervo") nei pressi di Ravenna, mentre il leone è chiaro simbolo marciano
- Alessandro VIII (1689-1691) (Pietro Vito Ottoboni) "Poenitentia gloriosa" [penitenza gloriosa] Allusione alla vita penitente di San Bruno, commemorato il 6 ottobre, giorno in cui Pietro VIto Ottoboni fu eletto Papa
- Clemente XIII (1758-1769) (Carlo della Torre Rezzonico) "Rosa Umbriae" [rosa dell'Umbria] Carlo fu governatore dell'Umbria, regione di San Francesco d'Assisi, "Rosa" della Cristianità
- Pio IX (1903-1914) (Giuseppe Melchiorre Sarto) "Ignis ardens" [fuoco ardente] Forse in riferimento al fatto che quando iniziò la Prima Guerra Mondiale Pio IX voleva assolutamente recarsi al fronte per impedire i combattimenti
- Giovanni XXIII (1958-1963) (Angelo Giuseppe Roncalli) "Pastor et Nauta" [pastore e marinaio] che condusse la Chiesa in una nuova direzione
L'attuale Papa Benedetto XVI, è descritto come "De gloria olivae". Il motto "De gloria olivae" è stato collegato al nome "Benedetto" perché alcuni benedettini sono anche chiamati "monaci olivetani". Da notare che nell'araldo del Papa è raffigurata un persona di colore sul lato sinistro del simbolo della Diocesi di Frisinga di cui Ratzinger fu arcivescovo. Il termine "olivae" è stato collegato al colore di questo viso di moro. Il 26 aprile 2009 Benedetto ha proclamato santo Bernardo Tolomei, fondatore dell'ordine degli Olivetani.
Alcuni interpreti del testo di Malachia ritengono che Petrus Romanus non si riferisca ad un Papa successivo a questo ma a San Pietro, il primo Papa della storia, quindi l'ultimo papa sarebbe quello attuale...
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(Fonte: P.Zoffoli)
Secondo la profezia con l'ultimo papa Petrus Romanus, che secondo alcuni sarà portoghese, la Chiesa Cattolica Romana concluderà la propria esistenza.
San Malachia morì il giorno da lui stesso predetto: il 2 novembre 1148, a Chiaravalle, presso il suo grande amico San Bernardo da Chiaravalle.
Le sue Profezie vennero archiviate in Vaticano e pubblicate parzialmente la prima volta a Venezia solo nel 1527. La lista completa delle profezie venne poi pubblicata, sempre a Venezia, da Arnold Wion nel 1595. La scelta di pubblicare le Profezie di San Malachia a Venezia dipese sia dalla grande libertà di stampa ivi presente, sia per la presenza della più grande industria editoriale e tipografica d'Europa.
Questi sono i papi veneziani da lui profetizzati e realmente accaduti:
- Gregorio XII (1406-1415) (Angelo Correr): "Nauta de ponte nigro" [marinaio del Ponte Nero] Angelo Correr fu infatti anche vescovo dell'Isola di Negroponte, allora possedimento veneziano
- Eugenio IV (1431-1447) (Gabriele Coldumer): "Lupa coelistina" [lupa celestina] La lupa appare sullo stemma di Siena, città di cui fu vescovo, e dove faceva parte dell' Ordine dei Celestini
- Paolo II (1464-1471) (Pietro Barbo) "De cervo et leone" [del cervo e del leone] Egli fu vescovo di Cervia ("cervo") nei pressi di Ravenna, mentre il leone è chiaro simbolo marciano
- Alessandro VIII (1689-1691) (Pietro Vito Ottoboni) "Poenitentia gloriosa" [penitenza gloriosa] Allusione alla vita penitente di San Bruno, commemorato il 6 ottobre, giorno in cui Pietro VIto Ottoboni fu eletto Papa
- Clemente XIII (1758-1769) (Carlo della Torre Rezzonico) "Rosa Umbriae" [rosa dell'Umbria] Carlo fu governatore dell'Umbria, regione di San Francesco d'Assisi, "Rosa" della Cristianità
- Pio IX (1903-1914) (Giuseppe Melchiorre Sarto) "Ignis ardens" [fuoco ardente] Forse in riferimento al fatto che quando iniziò la Prima Guerra Mondiale Pio IX voleva assolutamente recarsi al fronte per impedire i combattimenti
- Giovanni XXIII (1958-1963) (Angelo Giuseppe Roncalli) "Pastor et Nauta" [pastore e marinaio] che condusse la Chiesa in una nuova direzione
L'attuale Papa Benedetto XVI, è descritto come "De gloria olivae". Il motto "De gloria olivae" è stato collegato al nome "Benedetto" perché alcuni benedettini sono anche chiamati "monaci olivetani". Da notare che nell'araldo del Papa è raffigurata un persona di colore sul lato sinistro del simbolo della Diocesi di Frisinga di cui Ratzinger fu arcivescovo. Il termine "olivae" è stato collegato al colore di questo viso di moro. Il 26 aprile 2009 Benedetto ha proclamato santo Bernardo Tolomei, fondatore dell'ordine degli Olivetani.
Alcuni interpreti del testo di Malachia ritengono che Petrus Romanus non si riferisca ad un Papa successivo a questo ma a San Pietro, il primo Papa della storia, quindi l'ultimo papa sarebbe quello attuale...
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(Fonte: P.Zoffoli)
giovedì 23 settembre 2010
I Cavalieri di Malta
L'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto dei Gerosolimitani, poi di Rodi, infine di Malta, è tra i più illustri e celebri ordini cavallereschi.
Nata come pia fondazione degli Amalfitani a Gerusalemme, amministrava una chiesa e un ospizio vicino al Santo Sepolcro, e si dedicava all'attività ospedaliera e all'assistenza dei pellegrini in Terra Santa almeno dalla seconda metà del sec. XI.
Al momento della conquista di Gerusalemme nel 1099, la confraternita religiosa era guidata da Gherardo. L'entrata massiccia dei cavalieri latini in Terra Santa moltiplicò le attività dell'Ordine. Nel 1123 una Bolla di papa Pasquale II attribuiva ai Gerosolimitani le caratteristiche formali di un ordine religioso della chiesa romana. L'Ordine fu poi costretto dalla situazione politico-militare ad assumere anche compiti difensivi e militari. Da quel momento il nucleo dell'Ordine sarà composto da frati cavalieri, frati servienti e frati cappellani, tutti e tre con voti religiosi di castità, povertà ed obbedienza e compiti ospedalieri e militari.
La prima notizia dell'esistenza di un Priorato Gerosolimitano a Venezia si ha con una lettera di papa Nicolò IV datata 11 settembre 1292 con la quale si ordina al Priore dell'Ordine di San Giovanni a Venezia di impiegare metà delle sue risorse per il sostentamento delle galee inviate in Terra Santa.
Dapprima l'abito dei membri dell'Ordine era una tunica nera con una semplice croce di stoffa bianca, cucita sul petto. Frà Raimondo de Puy introdusse, con la prima Regola dell'Ordine, la croce bianca ottagonale (la croce di Malta), che è rimasta emblema dell'Ordine. La tradizione vuole che la benemerita croce di Malta rappresenti e ricordi perennemente le otto beatitudini evangeliche.
La marina dell'Ordine fu probabilmente la prima nell'Europa del Medioevo ad usare uniformi uguali. I cavalieri infatti portavano tutti sopra la corazza la sopravveste dell'Ordine rossa con croce latina bianca (la croce di Malta era usata come segno personale di appartenenza all'Ordine e non come simbolo militare).
La marina dell'Ordine, con la sua flotta, dovette consegnarsi nel 1798 al corpo militare della spedizione in Egitto di Napoleone, rompendo la neutralità di un Ordine religioso i cui cavalieri avevano promesso di non battersi contro altri cristiani. Il 12 giugno 1798, dopo più di cinquecento anni di gloriosa esistenza, le bandiere rosse e bianco-crociate furono ammainate per l'ultima volta.
A Venezia esiste ancora la Chiesa di San Giovanni Battista sede del Gran Priorato di Lombardia e Venezia dell'Ordine di Malta (Castello 3253).
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Nata come pia fondazione degli Amalfitani a Gerusalemme, amministrava una chiesa e un ospizio vicino al Santo Sepolcro, e si dedicava all'attività ospedaliera e all'assistenza dei pellegrini in Terra Santa almeno dalla seconda metà del sec. XI.
Al momento della conquista di Gerusalemme nel 1099, la confraternita religiosa era guidata da Gherardo. L'entrata massiccia dei cavalieri latini in Terra Santa moltiplicò le attività dell'Ordine. Nel 1123 una Bolla di papa Pasquale II attribuiva ai Gerosolimitani le caratteristiche formali di un ordine religioso della chiesa romana. L'Ordine fu poi costretto dalla situazione politico-militare ad assumere anche compiti difensivi e militari. Da quel momento il nucleo dell'Ordine sarà composto da frati cavalieri, frati servienti e frati cappellani, tutti e tre con voti religiosi di castità, povertà ed obbedienza e compiti ospedalieri e militari.
La prima notizia dell'esistenza di un Priorato Gerosolimitano a Venezia si ha con una lettera di papa Nicolò IV datata 11 settembre 1292 con la quale si ordina al Priore dell'Ordine di San Giovanni a Venezia di impiegare metà delle sue risorse per il sostentamento delle galee inviate in Terra Santa.
Dapprima l'abito dei membri dell'Ordine era una tunica nera con una semplice croce di stoffa bianca, cucita sul petto. Frà Raimondo de Puy introdusse, con la prima Regola dell'Ordine, la croce bianca ottagonale (la croce di Malta), che è rimasta emblema dell'Ordine. La tradizione vuole che la benemerita croce di Malta rappresenti e ricordi perennemente le otto beatitudini evangeliche.
La marina dell'Ordine fu probabilmente la prima nell'Europa del Medioevo ad usare uniformi uguali. I cavalieri infatti portavano tutti sopra la corazza la sopravveste dell'Ordine rossa con croce latina bianca (la croce di Malta era usata come segno personale di appartenenza all'Ordine e non come simbolo militare).
La marina dell'Ordine, con la sua flotta, dovette consegnarsi nel 1798 al corpo militare della spedizione in Egitto di Napoleone, rompendo la neutralità di un Ordine religioso i cui cavalieri avevano promesso di non battersi contro altri cristiani. Il 12 giugno 1798, dopo più di cinquecento anni di gloriosa esistenza, le bandiere rosse e bianco-crociate furono ammainate per l'ultima volta.
A Venezia esiste ancora la Chiesa di San Giovanni Battista sede del Gran Priorato di Lombardia e Venezia dell'Ordine di Malta (Castello 3253).
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martedì 21 settembre 2010
domenica 19 settembre 2010
Il tesoro scomparso della Zecca
Il 12 maggio 1797 Napoleone occupa Venezia. E' la prima volta nella sua lunga storia che la città cade in mani nemiche e subisce un saccheggio di proporzioni colossali, si parla del 70-80% dei suoi beni artistici razziato. Su un tesoro però i nuovi padroni non riescono a mettere le mani: l'oro della Zecca di Stato. Forse per questo hanno poi utilizzato la Zecca per fondere l'ingente patrimonio delle reliquie, per lo più bizantine, in possesso di chiese e monasteri veneziani soppressi.
Tre senatori, d'altrettante nobili famiglie, sovrintendevano al funzionamento del cuore monetario della Repubblica e questi, probabilmente prima della capitolazione ai francesi, devono aver pensato di mettere tali sostanze al sicuro, dove i nuovi occupanti non andassero a frugare. Tra le varie ipotesi sul nascondiglio del tesoro, una si incentra sull'isola della Certosa, una delle più belle e curate della laguna a quel tempo, che godeva dell'attenzione delle più eminenti famiglie le quali l'avevano eletta a loro Pantheon. Pare quindi che il Savio Cassier con i suoi collaboratori possedessero qui, nel chiostro piccolo, dei loculi e proprio di questi si siano serviti per occultare il tesoro.
Chissà poi che strade avrà preso il gruzzolo nascosto di cui non si fa più cenno in alcun documento. Forse i nobiluomini disperando in un ritorno della Serenissima all'antica gloria, se lo sono spartito fra loro o forse la fortuna giace ancora sepolta da qualche parte sull'isola...
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Tre senatori, d'altrettante nobili famiglie, sovrintendevano al funzionamento del cuore monetario della Repubblica e questi, probabilmente prima della capitolazione ai francesi, devono aver pensato di mettere tali sostanze al sicuro, dove i nuovi occupanti non andassero a frugare. Tra le varie ipotesi sul nascondiglio del tesoro, una si incentra sull'isola della Certosa, una delle più belle e curate della laguna a quel tempo, che godeva dell'attenzione delle più eminenti famiglie le quali l'avevano eletta a loro Pantheon. Pare quindi che il Savio Cassier con i suoi collaboratori possedessero qui, nel chiostro piccolo, dei loculi e proprio di questi si siano serviti per occultare il tesoro.
Chissà poi che strade avrà preso il gruzzolo nascosto di cui non si fa più cenno in alcun documento. Forse i nobiluomini disperando in un ritorno della Serenissima all'antica gloria, se lo sono spartito fra loro o forse la fortuna giace ancora sepolta da qualche parte sull'isola...
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giovedì 16 settembre 2010
San Marco in trono e Santi
La piccola pala, realizzata da Tiziano per la chiesa di Santo Spirito in Isola a Venezia, è un ex voto per una grave epidemia di peste che colpì la città nel 1510, facendo un gran numero di vittime. Questo spiega la presenza simultanea, oltre a San Marco, di quattro santi che la tradizione considera apotropaici. San Rocco, in abiti da pellegrino indica con la mano destra la piaga della peste sulla sua coscia. Un bellissimo San Sebastiano, trafitto da una freccia, volge lo sguardo assorto verso l'esterno. La presenza dei santi Cosma e Damiano, medici e protettori dei medici, intende legare scienza e fede nella lotto contro la temuta epidemia.
La tipologia dell'ex voto, così ampia da comprendere architettura, pittura e scultura, ha come principale obiettivo il manifestare e rendere tangibile la gratitudine di una intera comunità (ma anche di un singolo individuo) per un pericolo scampato. Nei casi più importanti lo schema iconografico si avvale di una struttura compositiva a piramide, al cui vertice si trova Dio Padre o Gesù o Maria Vergine o un Santo importante, poi altri Santi inerenti il tema dell'ex voto, infine i committenti o le persone che hanno ricevuto la speciale protezione.
Il termine "ex voto" deriva dal latino "votum" da "vovere", cioè "fare una promessa".
La pala, oggi custodita nella Basilica della Salute, è la conferma della pienezza della concezione coloristica dell'artista e del suo originale trattamento della luce. Ma è anche un chiaro messaggio, politico e ideologico, di virtù civiche veneziane.
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La tipologia dell'ex voto, così ampia da comprendere architettura, pittura e scultura, ha come principale obiettivo il manifestare e rendere tangibile la gratitudine di una intera comunità (ma anche di un singolo individuo) per un pericolo scampato. Nei casi più importanti lo schema iconografico si avvale di una struttura compositiva a piramide, al cui vertice si trova Dio Padre o Gesù o Maria Vergine o un Santo importante, poi altri Santi inerenti il tema dell'ex voto, infine i committenti o le persone che hanno ricevuto la speciale protezione.
Il termine "ex voto" deriva dal latino "votum" da "vovere", cioè "fare una promessa".
La pala, oggi custodita nella Basilica della Salute, è la conferma della pienezza della concezione coloristica dell'artista e del suo originale trattamento della luce. Ma è anche un chiaro messaggio, politico e ideologico, di virtù civiche veneziane.
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martedì 14 settembre 2010
Una gita in barca in laguna
cliccare sul titolo per il link alla foto-storia
domenica 12 settembre 2010
Il leone di San Marco
Fu Sant'Ireneo nel II sec. che per primo attribuì i simboli ai quattro Evangelisti: l'aquila a San Giovanni, il bue a San Luca, l'angelo a San Matteo e il leone a San Marco. Ma ancor prima della nascita di Cristo le dodici tribù ebraiche si raggruppavano a gruppi di tre sotto simboli simili: Issachar, Zabulon e Giuda: il leone; Ruben, Simeone e Gad: l'angelo-uomo; Efraim, Manasse e Beniamino: il toro; Dan, Aser e Neftali: l'aquila. Questi animali ricordano gli ancor più antichi Karibu assiri, esseri dalla testa umana, corpo di leone, zampe di toro e ali d'aquila.
Il leone è simbolo di potenza, di sovranità, ma anche del Sole, dell'oro, della forza penetrante della luce e della parola. Krishna, dice la Bhagavad Gita, è "il leone tra gli animali"; il Buddha è "il leone della Shakya". E' la potenza della shakti, dell'energia divina, ma anche portatore di conoscenza. Si legge nei Veda indiani:"Quando egli insegna il Dharma ad una assemblea, suona come il ruggito del leone". Parole simili a quelle di San Marco all'inizio del suo Vangelo quando descrive San Giovanni Battista che "ruggisce nel deserto".
Il leone rappresenta anche la giustizia: da cui i leoni del trono di Salomone.
In Estremo Oriente il leone è un animale fortemente emblematico, con profonde affinità con il drago, ed è in grado di proteggere dalle influenze malefiche. In Egitto i leoni sorvegliano il trascorrere del tempo.
A Venezia, malgrado il trafugamento del corpo di San Marco avvenga nell' 828, la figura del leone quale simbolo dello Stato sarà adottata soltanto nel XII secolo. I mosaici della cappella di Sant'Isidoro, nella Basilica di San Marco, raffigurano la traslazione del corpo di Sant'Isidoro dall'isola di Chio per opera del doge Domenico Michiel, avvenuta nel 1125. Questi mosaici raffigurano la fortezza dell'isola di Chio, un molo e delle galere. Varie bandiere sventolano sia sulla fortezza sia sulla poppa delle galee. Su ogni bandiera è raffigurato un leone.
I colori utilizzati per il leone e per lo sfondo nello stendardo di Venezia variano moltissimo nei secoli, la Serenissima infatti non codificò mai ufficialmente la sua araldica, così che leone e bandiera furono rappresentati in modo assai differente, comunque i colori più usati sono il leone in color oro su sfondo rosso o su sfondo azzurro.
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Il leone è simbolo di potenza, di sovranità, ma anche del Sole, dell'oro, della forza penetrante della luce e della parola. Krishna, dice la Bhagavad Gita, è "il leone tra gli animali"; il Buddha è "il leone della Shakya". E' la potenza della shakti, dell'energia divina, ma anche portatore di conoscenza. Si legge nei Veda indiani:"Quando egli insegna il Dharma ad una assemblea, suona come il ruggito del leone". Parole simili a quelle di San Marco all'inizio del suo Vangelo quando descrive San Giovanni Battista che "ruggisce nel deserto".
Il leone rappresenta anche la giustizia: da cui i leoni del trono di Salomone.
In Estremo Oriente il leone è un animale fortemente emblematico, con profonde affinità con il drago, ed è in grado di proteggere dalle influenze malefiche. In Egitto i leoni sorvegliano il trascorrere del tempo.
A Venezia, malgrado il trafugamento del corpo di San Marco avvenga nell' 828, la figura del leone quale simbolo dello Stato sarà adottata soltanto nel XII secolo. I mosaici della cappella di Sant'Isidoro, nella Basilica di San Marco, raffigurano la traslazione del corpo di Sant'Isidoro dall'isola di Chio per opera del doge Domenico Michiel, avvenuta nel 1125. Questi mosaici raffigurano la fortezza dell'isola di Chio, un molo e delle galere. Varie bandiere sventolano sia sulla fortezza sia sulla poppa delle galee. Su ogni bandiera è raffigurato un leone.
I colori utilizzati per il leone e per lo sfondo nello stendardo di Venezia variano moltissimo nei secoli, la Serenissima infatti non codificò mai ufficialmente la sua araldica, così che leone e bandiera furono rappresentati in modo assai differente, comunque i colori più usati sono il leone in color oro su sfondo rosso o su sfondo azzurro.
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venerdì 10 settembre 2010
La Scuola Grande di San Rocco
L'equivalente veneziano della Cappella Sistina di Roma è la Scuola Grande di San Rocco, nel senso che, all'interno, vi è un ciclo pittorico completo eseguito da un solo artista che sapeva, sin dal progetto iniziale, che sarebbe stato l'unico realizzatore della decorazione. Oltre quaranta grandi tele dipinte da Jacopo Tintoretto decorano le pareti ed i soffitti della sede della Confraternita votata a San Rocco, protettore degli appestati.
Il risultato artistico è stupefacente: la luce è l'elemento principale della pittura di Tintoretto, più ancora del colore che aveva caratterizzato l'opera del Tiziano e dei maestri veneziani del Rinascimento, con drammatici effetti chiaroscurali culminanti nella splendida "Crocifissione" della Sala dell'Albergo, nella figura circonfusa di luce del Cristo al centro della composizione.
Si dice che Tintoretto ottenne l'incarico grazie ad un piccolo trucco: quando i Confratelli organizzarono il concorso per decidere a chi affidare la decorazione dell'intera Scuola chiesero a diversi artisti di presentare un progetto per l'ovale nel soffitto della Sala dell'Albergo. Tintoretto però riuscì segretamente a farsi dare le misure esatte dell'ovale e così invece di realizzare una bozza eseguì il dipinto completo! Per la giuria la scelta fu quasi obbligata...
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Il risultato artistico è stupefacente: la luce è l'elemento principale della pittura di Tintoretto, più ancora del colore che aveva caratterizzato l'opera del Tiziano e dei maestri veneziani del Rinascimento, con drammatici effetti chiaroscurali culminanti nella splendida "Crocifissione" della Sala dell'Albergo, nella figura circonfusa di luce del Cristo al centro della composizione.
Si dice che Tintoretto ottenne l'incarico grazie ad un piccolo trucco: quando i Confratelli organizzarono il concorso per decidere a chi affidare la decorazione dell'intera Scuola chiesero a diversi artisti di presentare un progetto per l'ovale nel soffitto della Sala dell'Albergo. Tintoretto però riuscì segretamente a farsi dare le misure esatte dell'ovale e così invece di realizzare una bozza eseguì il dipinto completo! Per la giuria la scelta fu quasi obbligata...
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martedì 7 settembre 2010
Asolo
E' stata definita la "città dei mille orizzonti" per la sua posizione geografica, ma Asolo è soprattutto un borgo noto per la sua storia e le sue regine. Sì, perché ad Asolo soggiornarono due donne famose: la veneziana Caterina Cornaro, regina di Cipro e "figlia prediletta della Serenissima Repubblica di Venezia", che qui tenne corte per più di trentanni, e, secoli dopo, la "divina" Eleonora Duse che ad Asolo dimorò a lungo e dove volle esser sepolta.
L'antica sede della Comunità Asolana, una costruzione a portico del XV sec. decorata con affreschi, detta la Loggia del Capitano, ospita oggi il Museo Civico ricco di dipinti di scuola veneta e statue del Canova, nonché cimeli di Caterina Cornaro, Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio.
Dalla porta del Colmarion si sale all'incantevole Rocca dalle alte mura merlate dalla quale si gode di uno splendido panorama.
Nel Duomo sono conservate opere di Lorenzo Lotto e Jacopo Bassano.
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L'antica sede della Comunità Asolana, una costruzione a portico del XV sec. decorata con affreschi, detta la Loggia del Capitano, ospita oggi il Museo Civico ricco di dipinti di scuola veneta e statue del Canova, nonché cimeli di Caterina Cornaro, Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio.
Dalla porta del Colmarion si sale all'incantevole Rocca dalle alte mura merlate dalla quale si gode di uno splendido panorama.
Nel Duomo sono conservate opere di Lorenzo Lotto e Jacopo Bassano.
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domenica 5 settembre 2010
Copyright
Venezia fu la prima nella storia a riconoscere il diritto d'autore sulle invenzioni dell'uomo. Una disposizione del 19 marzo 1474 assegna ai Provveditori de Comun il compito di sovrintendere alla registrazione dei brevetti: "Ci sono molti uomini, in questa città e nelle sue vicinanze - si legge dal testo originale - attratti dalla sua eccellenza e magnificenza, molti uomini di diverse origini, con menti ingegnose e in grado di immaginare e scoprire diversi oggetti artificiosi. E se si facesse sì che altri non potessero riprodurre le opere e gli artifici da essi inventati, e garantirne loro l'onore, allora questi uomini userebbero le loro menti per scoprire cose di non poca utilità per la nostra Repubblica". Il testo prosegue spiegando come sia "prohibito a chadaun altro in alguna terra e luogo nostro, far algun altro artificio ad imagine et similitudine di quello, senza consentimento et licentia del auctor, fino ad anni X". L'eventuale contraffattore era condannato a pagare 100 ducati all'autore, e l'oggetto copiato sarebbe stato distrutto.
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