Pier Fortunato Calvi, nato a Briana di Noale nel 1817, fu impiccato a Belfiore nel 1855 per aver organizzato un'insurrezione contro gli austriaci.
Aveva iniziato la sua carriera come ufficiale dell'esercito austriaco, dal quale si dismise nel 1848 assumendo il comando delle truppe insorte contro l'Austria in Cadore; nonostante gli sforzi i cadorini furono costretti a cedere e Calvi si rifugiò a Venezia, dove il governo neo-repubblicano (istituito da Daniele Manin e Nicolò Tommaseo) gli affidò il comando della legione dei "Cacciatori delle Alpi". Il Calvi si coprì di gloria a Venas e a Oltrechiusa, dove combatté contro duemila Austriaci, e poi ancora nei pressi di Longarone; sconfisse i nemici a Rovalgo, al Boite, in Val di Rendimera. Ma la mancanza di armi, di munizioni e di viveri lo costrinse ad abbandonare il Cadore, e il Calvi, con la generosità consueta, corse a difendere Venezia. Caduta la città nel 1849, andò in esilio in Grecia e, successivamente, in Piemonte (dove entrò in contatto con Mazzini) e in Lombardia, dove venne arrestato dalla polizia austriaca.
La fierezza e la gentilezza di Calvi rimasero leggendarie: al giudice che gli lesse la sentenza di morte offrì un sigaro e al boia che lo voleva aiutare a salire i gradini del patibolo disse: "Grazie, le mie gambe non tremano".
Una lapide in Campo dei Gesuiti è a lui dedicata.