Nelle puntate precedenti
abbiamo raccontato del libertinaggio a Venezia nei suoi secoli d'oro.
Giungiamo ora dunque al Settecento, l'ultimo secolo di vita della
Serenissima.
Se innegabilmente i
Veneziani nei secoli precedenti si abbandonavano ben spesso al vizio,
altrettanto spesso però operarono cose egregie ed onorevoli per sé
o per la patria.
Mentre nel Settecento regnava ahimè l'assoluta
mollezza e lascivia senza le virtù degli antenati.
Il marcio partiva già
nell'educazione affidata ad abati ignoranti o a monache scandalose.
Non stupisce quindi l'altissimo numero di richieste di
separazione che nel solo ultimo decennio del Settecento ammontarono a
quasi trecento.
Né stupisce conoscere di numerosi casi di mariti
che pur di non scontentare la moglie si prodigavano in prima persona
a riappacificare il cavalier servente colla propria moglie in
seguito ad un qualche litigio ...
Ma chi era il "cavalier servente"?
Ce lo spiega il de Brosses:
"E' di regola che le dame veneziane posseggano un amante, e sarebbe una specie di disonore per una dama non tenere un uomo per proprio conto. Le famiglie approvano e si lascia che la sposa faccia la sua scelta, dando l'esclusione a questo o a quello. Queste attuali pratiche delle dame han diminuito di molto i fasti delle monache che in passato avevano il monopolio della galanteria. Con tutto ciò, anche oggidì, un buon numero di esse si dedica agli impegni con onore, poiché al momento in cui scrivo, havvi una furiosa briga fra tre conventi della città per sapere quale fra essi avrà il privilegio di procurare una “amica” al nuovo Nunzio Apostolico che sta per arrivare".
Giova osservare che
talvolta gli sfacciati mezzani facevano passare per monache agli
occhi degli incauti stranieri, donne che non lo erano affatto; nella
stessa guisa in cui offrivano qualche prostituta sotto il titolo di
moglie del tal nobile.
Ma peraltro erano talvolta davvero mogli
di patrizi se come si narra, un dì, un certo patrizio si sentì
proporre la propria consorte!
Anche le leggi si fan più permissive e capita d'incontrar cortigiane ovunque in città comprese le chiese, a qualsiasi ora.
Un cronista accenna ad un
nuovo costume adottato dalle gentildonne, le quali uscivano al
passeggio calzando semplici pianelle e coperte soltanto di un
sottanino.
Lo stesso cronista narra altresì della sfrenatezza
con cui le gentildonne si abbandonano al gioco d'azzardo, che le
riducevano al punto di dover pagare col proprio corpo.
I luoghi preposti al gioco venivano chiamati casin (nel senso di piccola casa) o ridotti (dal latino "redursi"=recarsi). Ma alcuni di questi casin servivano anche ad altro scopo, forniti com'erano di eleganti letti, di ricchi specchi, di quadri lascivi, di vasche da bagno e di tavoli sopra i quali stavano pagine scandalose, quali le poesie del poeta Giorgio Baffo.
Nel Settecento, alle
monache e alle cortigiane, s'aggiungono le cantanti e le ballerine di
teatro.
Gli ambasciatori e i rappresentati di corti estere
facevano a gara per accaparrarsi le più aggraziate tra le deità
della scena, valendosi nell'opera di fidati mezzani, i quali molto
spesso erano gondolieri.
Talvolta la tariffa per la conquista era fissa come c'insegna un cronista parlando della Pelosina (e non voglio sapere perché la chiamassero così ..), che si faceva applaudire al teatro San Beneto; sua madre, scrive il cronista: “desidererebbe farla uscire dalla virginità al suono di 300 zecchini” (ti ci compravi una casa con 300 zecchini ...).
Ma ci sono anche casi contrari, come l'interessante storia di Stella Cellini.
Stella Cellini era una giovane attrice ballerina che si esibiva al Teatro di San Cassian. Molto amata dal pubblico, la ballerina viveva in una casa in affitto di proprietà del Procuratore Tommaso Sandi.
Il Tommaso Sandi in questione si invaghì della ballerina, ma venne da essa rifiutato. Così, per vendetta, la sfrattò da casa e la denunciò di vita scandalosa con un Turco (!).Ma Stella Cellini non si fece intimorire e si presentò in tribunale con un certificato di verginità redatto da due ostetriche e contro-firmato da un parroco.
Vinse così la causa e fu completamente riabilitata e tornò a calcare le scene ancor più amata.
E fu così che da allora a Venezia non si giurò più sulla Vergine Maria ma sulla vergine Cellini.
Sempre sul fronte del gentil sesso non si può non nominare Cecilia Zeno.
Cecilia, di nobili natali,
fu l'amante del doge Andrea Tron e per questo soprannominata la
"Trona".
Donna colta e di spirito, difese strenuamente
i suoi ideali di donna libera e i suoi principi anti-clericali.
Fu
anche discreta poetessa e benefattrice.
Era grande amante del
teatro e aveva un palco fisso presso il Teatro di San Beneto.
Celebre fu l'episodio del 1785 quando fu allestito un grande
spettacolo nel Teatro ed ella sub-affittò il suo palco, per una
somma spropositata, ai duchi di Curlandia in visita alla città.
E subito il popolo
motteggiò: “Brava la Trona, la vende el palco più caro de la
mona!”
E lei, che era donna di spirito, prontamente rispose:
”Gavè razon, perché questa, al caso, la dono!”.
E il popolo
di rimando: "La Trona, la mona, la dona!".