lunedì 19 aprile 2010

Castradina Sciavona

Un tempo la Riva degli Schiavoni non era così ampia e soprattutto non era la tipica passeggiata che è oggi, ma era lo scalo delle navi commerciali che giungevano dall’oriente; questa era la vera porta d’ingresso alla città prima che la costruzione del ponte della Libertà ancorasse Venezia alla terraferma costringendoci ad entrare dal retro…
Qui attraccavano galee mercantili, tartàne albanesi e bastimenti turchi, sulla fondamenta si incontravano marinai orientali con braghesse, fez e scarpe a punta, e non c’erano certo alberghi di lusso, ma casotti di legno per lo stoccaggio delle merci, banchi di vendita all’ingrosso, squeri (cioè cantieri per il rimessaggio e la riparazione delle barche), e un incredibile viavai di merci e uomini, un intreccio di facce, lingue, e abiti che arrivavano da tutti i porti per scaricare prodotti di ogni genere, soprattutto alimentari: formaggi, pesce, animali vivi come agnelli, montoni, bovini.
Animali che  per lo più giungevano dai Balcani, ed è per questo che la Riva prese a chiamarsi “degli Schiavoni”, perché con il termine Sclavonia si indicava la fascia costiera della Dalmazia, della Bosnia e dell’Albania. Dopo aver scaricato le loro merci le navi ripartivano cariche di manufatti di metallo, di legno, ferro e di armi… insomma un immagine ben diversa da quella di oggi!
Di quel periodo resta memoria in un tipico piatto che si consuma ancora oggi a Venezia in occasione della Festa della Salute il 21 di Novembre, e cioè la Castradina S'ciavona, in pratica carne di montone castrato affumicata ed essicata al sole, servita con brodo di verze.
Ecco la ricetta:
"Per fare una buona castradina cole verze ci vuole innanzitutto tempo. Si lascia la carne di montone a bagno per un giorno, in acqua prima bollente poi tiepida. Si lava in molte acque, si taglia a pezzetti e la si mette sul fuoco con gli aromi d'uso. Si lascia bollire e freddare, e la si pone in luogo fresco. Il giorno dopo si toglie il grasso rappreso che si è formato in superficie e si rimette la pentola sul fuoco con le verdure del brodo e le foglie, abbondanti, di cavolo verzotto. Si fa sobbollire, senza fretta, fino a quando la carne non diventa tenera e le verze ben cotte"
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3 commenti:

  1. che bel post, pieno di gente e navi, di profumi e colori, complimenti Walter, e non manca la ricetta :)

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  2. ma è interessante come da "slavi" si diventa "schiavoni" ehe, la lingua parlata sarà un organismo sorprendente e misterioso.

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  3. Sì, la lingua è viva e la sua storia è estremamente affascinante!
    Ne approfitto per ricordare che anche la parola "ciao" deriva dall'abitudine veneziana di salutare con un "sciao", nel senso di "sono tuo servo, sono a tua disposizione", ancora oggi in Veneto se chiami qualcuno per strada questi ti risponde spesso: "comandi"!

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