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venerdì 23 novembre 2012

L'ingiusta condanna a morte di Antonio Foscarini

Lungo il rio terà Foscarini, popolarmente detto degli alberetti, sorgeva un palazzo Foscarini, abbattuto nell'Ottocento con l'interramento del rio. Vi abitò il Cavaliere Antonio Foscarini, senatore e ambasciatore di Venezia in Inghilterra e in Francia.
Antonio era l'amante della contessa Alathea Talbot di Arundel and Surrey, consorte di Thomas Howard, Maresciallo d'Inghilterra, che risiedeva a palazzo Mocenigo a S. Samuele. Lì si recava il Foscarini, di nascosto, ogni sera. L'abitazione della Contessa era frequentata da molte personalità, tra esse il segretario dell'ambasciatore di Spagna, stato col quale Venezia non aveva buoni rapporti.
Il Foscarini venne arrestato con l'accusa di aver svelato al segretario spagnolo i resoconti delle sedute segrete del Senato. Fu interrogato per cinque ore, chiuso in carcere e condannato a morte. Era il 20 aprile 1622. Se solo avesse confessato il vero motivo delle sue visite...
Il 22 agosto dello stesso anno il Consiglio dei X ordinava l'arresto di un tale Girolamo Vano. Costui era stato il teste principale  a carico del Foscarini. In carcere Vano confessò e indicò, nella persona di Giulio Cazzari, la vera spia.
Il 16 gennaio 1623, la Repubblica proclamava solennemente il proprio errore e l'innocenza di Antonio Foscarini.
Il suo corpo venne riesumato e Venezia ne onorò la memoria con un funerale di stato, dedicandogli poi la lapide che ancor oggi può essere letta sulla sua tomba, nella chiesa di San Stae.

lunedì 26 settembre 2011

Streghe a Venezia

A parte qualche caso sporadico (come tale Francesco Barozzi che si considerava un mago), fatture, magie e stregonerie erano a Venezia ad esclusivo appannaggio delle donne, o loro attribuite dalla cultura dell'Inquisizione. Contrariamente alla tradizione, le streghe della Serenissima, o quelle che si ritenevano tali, non professavano culti e patti diabolici con malefizi mortali, sabba od orge demoniache, ma si limitavano per lo più a piccole magie e fatture "casalinghe" riguardanti la salute oppure i tormenti amorosi.
Le streghe veneziane non adoravano il demonio ma al massimo lo invocavano, pagandogli addirittura in anticipo i favori gettando delle monete e manciate di sale sul fuoco; l'unica raffigurazione diabolica che conoscevano era quella presente tra le carte dei Tarocchi.
A volte si ritrovavano presso il cimitero ebraico del Lido, luogo considerato carico di poteri occulti.
Si trattava in sostanza di una stregoneria spicciola, patrimonio dei ceti più poveri dai quali provenivano la maggioranza di queste donne, che applicavano antichi segreti e pratiche di dubbia efficacia. I segreti venivano rivelati di generazione in generazione nelle notti di Natale o in punto di morte e venivano poi usati come mezzo di sostentamento.
Alcune presunte streghe erano anche cortigiane: c'era la convinzione che sapessero fare fatture e incantesimi affinché gli uomini si innamorassero di loro.
Queste fattucchiere sarebbero rimaste anonime se il Sacro Tribunale dell'Inquisizione non si fosse accanito nella caccia alle streghe. Nel resto dell'Europa gli Inquisitori sfogavano le proprie frustrazioni su povere donne che venivano plagiate, sottoposte a torture e mandate al rogo. Per fortuna, data la particolarità della società veneziana, nessun rogo fu mai acceso nel territorio della Serenissima e le torture vennero applicate in pochissimi casi; questo anche perché il governo veneziano, sempre mal disposto nei confronti della Chiesa di Roma, aveva saputo, sottilmente e tra le quinte, conferire un indirizzo speciale alla questione.

(fonte: Brusegan)