Sfatiamo subito un mito, e
cioè quello della città nata dal nulla da libere genti.
Il termine
“Venetia” infatti, insieme all’Istria era inizialmente una
delle regioni in cui l’imperatore Augusto aveva diviso il
territorio italico, e da quella regione si sarebbe venuta
distinguendo una seconda Venetia, questa volta lagunare composta da
isole e lidi sparsi tra le foci dell’Isonzo e del Po.
Ad avviare il processo per
cui dalla Venetia continentale veniva creandosi la nuova Venetia
marittima erano stati fattori esterni legati all’invasione
longobarda del 569. In realtà già nel secolo precedente con le
scorrerie degli Unni le lagune avevano offerto un rifugio sicuro alle
popolazioni della terraferma, ma in fondo la tempesta barbarica era
passata abbastanza rapidamente e le genti profughe avevano potuto
rientrare alle loro case. Le cose andarono diversamente invece con i
Longobardi, in quanto stavolta si trattava della migrazione vera e
propria di un intero popolo ben deciso a fermarsi in Italia, cosicché
per le genti che si ritiravano in laguna non si sarebbe più riaperta
la via del ritorno. Il primo passo quindi nella costruzione di una
Venetia diversa ebbe luogo con l’animo del profugo. In sostanza la
difesa del vecchio mondo pre-longobardo (e quindi “bizantino”)
divenne motivo per la nascita della nuova civiltà veneziana.
In ogni caso gli
insediamenti dei profughi sparsi per la laguna non erano certo
ancora identificabili come unità urbana e non lo saranno fino al IX
secolo.
E’ importante ricordare
che le lagune non erano disabitate prima dell’arrivo dei profughi e
già il prefetto Cassiodoro nel V sec. aveva lasciato una descrizione
precisa delle zone lagunari, le quali erano pienamente inserite nel
sistema organizzativo romano.
Che fosse nata dal nulla
quindi, come una Venere dalle acque del mare, ad opera di libere
genti che fuggivano dai barbari invasori su isole vuote e selvagge, è
un’invenzione costruita per ragioni molto concrete, con un’abilità
tale per cui ancora oggi quella leggenda è accettata come verità.
I Veneziani, dai massimi
vertici dello Stato fino all’ultimo pescatore avevano ogni
interesse ad accreditare un racconto del genere, perché se non c’era
nulla non c’erano nemmeno subordinazioni e servitù, sicché il
mito delle origini dal nulla rende plausibile e porta con sé quello
politicamente assai più rilevante dell’originaria libertà di
Venezia, ed è dunque la base del programma ideologico destinato ad
impedire ogni pretesa o rivendicazione da parte di qualsiasi autorità
esterna, uno status che Venezia difenderà fino alla fine dei suoi
giorni, mille anni dopo.
La difesa di questa
ideologia avverrà a volte con la forza ma molto più spesso con la
diplomazia o con abili mosse politiche, basti ricordare la tempestiva
trafugazione del corpo di San Marco ad Alessandria d’Egitto
nell’828, avvenuta proprio mentre nel sinodo di Mantova si
discuteva la giurisdizione spirituale tra Grado (chiesa lagunare
legata alle sorti venetiche) e Aquileia (sede patriarcale in sintonia
con le autorità politiche del Papato e città di cui la leggenda
narra fosse stata fondata proprio da San Marco…). L’arrivo in
città della salma marciana affermò dunque definitivamente
l’indipendenza di Venezia dall’autorità politica e religiosa di
Roma.
La vera e propria nascita
della Venezia urbana si fa risalire al 810 quando Agnello
Partecipazio, il primo doge della Repubblica, trasferisce la sede del
governo da Malamocco a Rivoalto.
Ma per capire appieno
l’unicità della storia veneziana è importante ricordare le radici
della sua stessa aristocrazia, che non era legata alla nobiltà di
sangue come nel resto dell’Europa, ma era invece nata dalle
famiglie dei mercanti locali, mercanti che in prima persona
rischiavano per creare nuovi commerci, anche molto lontani, e portare
redditi alla città stessa. Quasi sempre infatti Venezia deciderà di
usare guerra solo per ragioni di commercio, per difendere quindi il
proprio diritto e la propria libertà di commerciare. Fatto questo
che colpisce ancor di più se si pensa che nel resto del mondo
europeo il trattar denaro era considerato nient’affatto nobile,
solo i possedimenti terrieri e lo sfruttamento erano considerate
attività aristocratiche.
Ecco quindi che la difesa
dei propri interessi, e la possibilità di trarne vantaggio per tutte
le fasce sociali, compatta l’intero popolo veneziano in una
identificazione statale impossibile altrove.
(Fonte: Ortalli e Scarabello)