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domenica 3 agosto 2014

L'altana del poeta

Nel 1899 Henri de Régnier arriva per la prima volta a Venezia e soggiorna a Ca' Dario, ospite delle due proprietarie di allora, la contessa de la Baume e M.me Bulteau.
Ecco come il poeta racconta la sua scoperta dell'altana del palazzo, che gli ispirerà poi il titolo del libro dedicato a Venezia:
"Non ho voglia di dormire. Dove può portare questa scaletta, di cui ho intravisto sul pianerottolo, entrando nella mia camera, i primi gradini? Forse a qualche soffitta? Proviamo.
Arrivo davanti ad una porta, chiusa da un semplice catenaccio. La apro e mi trovo all'aperto su una piattaforma di legno, delimitata da un parapetto. Questa terrazza, questo belvedere, è posato sul tetto del Palazzo. Da qui io domino il pendio delle sue vecchie tegole e sono vicino ai suoi alti camini, uno dei quali termina a forma di dado e l'altro a imbuto.
Che vedo ancora? Un angolo luccicante del Canal Grande, la cupola tondeggiante d'una chiesa, poi altri tetti, altri camini, tutto questo bagnato dal chiarore d'una luna splendente, avvolto in un silenzio profondo, in cui percepisco ora, lontano e come sordamente ritmato, un sussurro che è una presenza e che saprò più tardi essere il mormorio del mare che s'infrange sulla spiaggia del Lido.
Ma questa sera, questo sussurro, non è per me che il respiro della maga addormentata e il vivo sospiro della sua bellezza.
So solamente una cosa in questa bella notte di settembre, ed è che questo silenzio, questo chiaro di luna, questo palazzo, questa terrazza sospesa, che io non chiamo ancora altana, tutto questo è Venezia, e io sono felice".

(Henri de Régnier, "L'altana ou la vie vénitienne")

venerdì 24 maggio 2013

Wagner a Venezia

Dopo un primo soggiorno dal 1856 al 1859, Richard Wagner e la sua famiglia tornarono a Venezia nel 1882. Dapprima alloggiarono all'hotel Europa poi si trasferirono a Cà Vendramin-Calergi.
Il loro appartamento era all'ammezzato nell'ala affacciata sul giardino, era formato da 28 stanze, cucina e servizi; Wagner apprezzava soprattutto la grande sala per ricevere gli ospiti, la cui doppia finestra offriva una splendida vista sul Canal Grande.
Franz Liszt, che andò a trovare la figlia Cosima e il genero, soggiornò a Cà Vendramin-Calergi sul finire del 1882. Liszt e Wagner furono visti spesso seduti uno di fronte all'altro, davanti all'ampia finestra sul Canal Grande, mentre chiacchieravano. Fu proprio qui che Liszt scrisse la prima stesura de "La lugubre gondola" ispirata dai remi di una gondola che, racconta gli "bastonavano il cervello".
Ma a Wagner non sarà concesso di godere a lungo della bella casa veneziana. Egli infatti morirà, nel suo studio, il 13 febbraio 1883, a causa di una paralisi cardiaca.
Le sue spoglie furono trasportate via gondola alla stazione ferroviaria e da lì in treno fino in Baviera. D'Annunzio descrisse il trasporto della salma di Wagner nel suo romanzo "Il fuoco" scrivendo "Il mondo pareva diminuito di valore", sempre D'Annunzio dettò le parole per la lapide posta sul muro esterno del palazzo, verso il Canal Grande. Il 19 aprile venne organizzato un concerto in suo onore nel giardino del palazzo, concerto al quale assistettero centinaia di barche ormeggiate in Canal Grande.
Spesso, durante i suoi numerosi soggiorni a Venezia, a Wagner capitava di assistere in Piazza San Marco a concerti tenuti dalle bande musicali militari austriache che suonavano sue opere. I veneziani ascoltavano volentieri, ma non applaudivano mai; non per mancata ammirazione verso Wagner ma per dispetto verso i militari austriaci.
La vigilia di Natale del 1882, per festeggiare il compleanno della moglie Cosima, Wagner diresse un concerto privato nelle sale Apollinee della Fenice. Fu suonata la Sinfonia in Do maggiore, opera giovanile, eseguita dagli allievi e dagli insegnanti del Liceo Benedetto Marcello (la bacchetta è stata gelosamente conservata). Liszt era presente, e su richiesta di Wagner, suonò al pianoforte un'aria di Rossini.

venerdì 23 novembre 2012

L'ingiusta condanna a morte di Antonio Foscarini

Lungo il rio terà Foscarini, popolarmente detto degli alberetti, sorgeva un palazzo Foscarini, abbattuto nell'Ottocento con l'interramento del rio. Vi abitò il Cavaliere Antonio Foscarini, senatore e ambasciatore di Venezia in Inghilterra e in Francia.
Antonio era l'amante della contessa Alathea Talbot di Arundel and Surrey, consorte di Thomas Howard, Maresciallo d'Inghilterra, che risiedeva a palazzo Mocenigo a S. Samuele. Lì si recava il Foscarini, di nascosto, ogni sera. L'abitazione della Contessa era frequentata da molte personalità, tra esse il segretario dell'ambasciatore di Spagna, stato col quale Venezia non aveva buoni rapporti.
Il Foscarini venne arrestato con l'accusa di aver svelato al segretario spagnolo i resoconti delle sedute segrete del Senato. Fu interrogato per cinque ore, chiuso in carcere e condannato a morte. Era il 20 aprile 1622. Se solo avesse confessato il vero motivo delle sue visite...
Il 22 agosto dello stesso anno il Consiglio dei X ordinava l'arresto di un tale Girolamo Vano. Costui era stato il teste principale  a carico del Foscarini. In carcere Vano confessò e indicò, nella persona di Giulio Cazzari, la vera spia.
Il 16 gennaio 1623, la Repubblica proclamava solennemente il proprio errore e l'innocenza di Antonio Foscarini.
Il suo corpo venne riesumato e Venezia ne onorò la memoria con un funerale di stato, dedicandogli poi la lapide che ancor oggi può essere letta sulla sua tomba, nella chiesa di San Stae.

mercoledì 31 ottobre 2012

Palazzo Grassi e il Cavalier Servente

Palazzo Grassi sorge a fianco della Chiesa di San Samuele, sul Canal Grande. I Grassi erano d'origine bolognese, presenti a Chioggia già dalla fine del 1200. Nel Seicento furono iscritti nel "Libro d'Argento" come cittadini veneziani e ottennero il patriziato nel 1718, pagando una somma di 60.000 ducati. Nel 1732 "in data 12 maggio, i patrizi Giovanni e Angelo Grassi acquistarono per 22000 ducati, dalla famiglia Tribellini, le case poste nella contrada San Samuele, sopra il campo".
Sull'area di quelle case, poi abbattute, sorse, non senza difficoltà, il Palazzo Grassi. L'incarico fu dato all'architetto Giorgio Massari nel 1748 e fu terminato nel 1772, anno del matrimonio tra Giovanni Grassi e Margherita Condulmer. Il 20 gennaio 1779, Margherita si ritirò nel monastero di S. Lucia. Il motivo fu il divieto avuto dal marito di avere per cavalier servente il nobiluomo Giacomo Dolfin, giovane di bell'aspetto e assai istruito.
Il Cavalier Servente era un figura tipica del Settecento. Ogni nobildonna maritata che si rispettasse doveva averne uno e la presenza del cavalier servente era addirittura patteggiata nei contratti nuziali. Questa figura era anche chiamata "cicisbeo", termine che deriva da "cicisbeare", anticamente usato per "bisbigliare"; ancora oggi il bisbigliare spettegolando delle donne viene a volte indicato come "fare cicì e cocò". Ma forse invece deriva dal greco "cicys" (forza) e "sbeo" (estinguere, spegnere), nel senso di "effeminato".
Il cavalier servente andava al mattino a svegliare la dama, ad augurarle buon giorno, a servirle la colazione e ad aiutarla ad allacciarsi il busto. Poi la portava a passeggio, quindi a teatro o al ridotto, infine la riaccompagnava a casa, ad aspettare che si addormentasse...

lunedì 17 settembre 2012

Morosini: palazzi, dogi, amanti e gatti

Palazzo Morosini fu portato in dote da Laura Priuli, vedova di Francesco Malipiero, quando sposò Pietro Morosini, rimasto vedovo di Maria Morosini.
La sontuosa dimora era composta da due edifici separati da un cortile interno; le facciate di terra e di acqua presentavano caratteri diversi e quella sul campo era affrescata da Antonio Aliense.
A fine Settecento, Gianantonio Selva aveva rimodernato l'intero edificio che raccoglieva armi, trofei, sculture e dipinti preziosi. Tra i suoi ospiti si ricorda Casanova, amico di Lorenzo II Morosini. Tra i due era nata una sincera amicizia e lo stesso Lorenzo invitava Casanova a frequentare il suo casin in Calle Casselleria, dove il Morosini incontrava l'amante, Paolina Stratico, sorella del suo professore!
I tesori di Palazzo Morosini furono dispersi nell'asta del 1894. Diverse opere si trovano oggi al Museo Correr e a Ca' Rezzonico; mentre l'affresco di G.B. Tiepolo "L'apoteosi del Peloponnesiaco" si trova a Milano, in Palazzo Isimbardi.
Naturalmente il personaggio più illustre della famiglia fu Francesco Morosini. Francesco veniva descritto come uomo di alta statura, carnagione chiara, occhi azzurri e capelli biondo rossicci, particolare comune a vari membri della famiglia.
Il futuro doge si fece valere nella guerra di Candia e nella famosa riconquista del Peloponneso (durante la quale fece bombardare il Partenone di Atene che i Turchi avevano trasformato in polveriera). L'elezione al dogado avvenne nell'aprile 1688, mentre Francesco era ancora impegnato nella campagna del Peloponneso. Solo alla conclusione dell'impresa tornò in città, dove venne accolto in modo trionfale l'11 gennaio 1690.
Morosini però è ricordato anche per alcune sue particolarità: era molto ambizioso, facile all'ira ma anche al perdono; non accavallava mai le gambe, considerandolo gesto poco dignitoso, mangiava con posate d'argento dorato, e amò a tal punto il suo gatto che alla sua morte lo fece imbalsamare!

lunedì 23 luglio 2012

Palazzo Barbaro e Palazzo Loredan

Su Campo Santo Stefano s'affacciano due interessanti palazzi.
Al civico 2947 troviamo Palazzo Barbaro, cinquecentesco, la cui facciata era ornata di affreschi attribuiti a Sante Zago, che assieme a Tintoretto fu uno dei più ferventi frescanti d'esterni veneziani. La famiglia Barbaro era originaria di Roma e prima di arrivare a Venezia, passo per l'Istria e Trieste. Fu così chiamata perché si narra che un certo Marco, mentre combatteva in Terra Santa nel 1221 a fianco del Doge Domenico Michiel strappò ai barbari il vessillo di San Marco.
Adiacente a Palazzo Barbaro si trova Palazzo Loredan. Originariamente era di proprietà dei Mocenigo e verso il rio esistono ancora resti della primitiva struttura gotica. Nel 1536 fu acquistato dai Loredan che lo ricostruirono secondo la moda del tempo, affidandone l'esecuzione allo Scarpagnino. La facciata sul Campo, semplice nella sua struttura architettonica, era stata affrescata da Giuseppe Salviati e dallo stesso Sante Zago che aveva operato a Palazzo Barbaro. Le dipinture rappresentavano virtù, grottesche, festoni e storie di Lucrezia, Clelia e Muzio Scevola.
In un secondo tempo il Palazzo fu ampliato sulla destra, con l'aggiunta di una sala da ballo; essa ebbe una propria facciata che rievoca, nel suo aspetto, lo stile del Palladio.
Nel 1809 Palazzo Loredan fu alloggio del generale d'Illiers, primo governatore francese di Venezia. Con la dominazione austriaca divenne il Comando di Città e un posto di guarda stazionava perennemente all'esterno. Sulla casa di fronte è stata posta una lapide in onore di Felice Cavallotti (Milano, 1842). Eletto deputato nel 1873, divenne portavoce di Garibaldi in Parlamento. Oltre che politico, fu anche poeta, drammaturgo, giornalista e audace spadaccino. Morì infatti a Roma nel 1898, in un duello con il deputato Ferruccio Macola, direttore della "Gazzetta di Venezia".

martedì 6 marzo 2012

Palazzo Tiepolo e l'impresa audace di Sansovino

All'angolo tra Rio Noale e Rio San Felice si nota un giardino murato. Anticamente quell'area era occupata da un palazzo di proprietà di Alvise Tiepolo, Procuratore di San Marco.
Francesco Sansovino, nel suo libro Venetia, città nobilissima et singolare, descritta in XII libri, racconta dell'impresa audace del padre Jacopo: "... consumato dal tempo, il palazzo fu con artifitio non più per avanti udito, rifondato di sotto, mentre chi si abitava di sopra, senza moto alcuno e con meraviglia della città; poi che stando la fabbrica in piedi, e sostenendola in aria, si possono gettar nuove fondamenta senza disconcio degli abitanti, e ciò fu ritrovato dal Sansovino". Possiamo a stento immaginare lo stupore dei veneziani nel vedere simile opera!
Giustiniano Martinioni ricorda che nella seconda metà del Seicento in questo palazzo abitava il senatore Marino Tiepolo. In un'incisione di Domenico Lovisa (1720) si evidenzia come l'intervento del Sansovino si fosse limitato ai piani inferiori che presentavano linee cinquecentesche a differenza del piano superiore gotico.
Il Palazzo Tiepolo venne distrutto a fine Settecento.

martedì 21 febbraio 2012

Palazzo Foscarini Giovanelli

Accanto all'antica sede della Scuola dei Tiraoro e Battioro (a San Stae), scorre il rio Mocenigo, e al di là del rio sorge il Palazzo Foscarini Giovanelli, affacciato sul Canal Grande.
L'edificio venne realizzato a metà del Cinquecento per volere dalla famiglia Coccina, commercianti in gioielli. Nel 1581 fu venduto a Luca Antonio Giunta, di origini fiorentine, la cui famiglia esercitava l'arte della stampa a Venezia dal 1482. Nel 1625 Lucrezia e Bianca Giunta sposarono i fratelli Nicolò e Renier Foscarini. Da allora il palazzo fu abitato da quel ramo della  famiglia Foscarini, fino al 1755, quando il palazzo venne affittato ala famiglia Giovanelli, di origine bergamasca.
Nel 1771 i Giovanelli vi ospitarono Leopold Mozart e suo figlio Wolfgang in visita in città. In questa splendida dimora abitò anche il re di Danimarca, Federico Cristiano IV.
Il palazzo aveva le pareti della corte interna affrescate dallo Zelotti con rappresentazioni di figure nude e di suonatori affacciati a finte finestre intervallate da finestre vere.
La famiglia Foscarini è presente nei documenti veneziani fin dal XII secolo ed era originaria di Altino. Uno dei suoi membri più interessanti fu Marco, nato nel 1696. Uomo di vasta cultura, studiò all'Accademia di Bologna e quando tornò a Venezia si dedicò alla raccolta di volumi preziosi, anche ricorrendo a volte ad astuti sotterfugi pur di ottenere rari manoscritti.
La sua biblioteca divenne col tempo una delle più ricche in città, non solo per i numerosi volumi, ma anche per la ricercatezza ed eleganza della rilegatura, tutti i testi infatti erano rilegati in cuoio rosso con lo stemma dei Foscarini.
Purtroppo nell'Ottocento la biblioteca fu dispersa assieme alle fortune della casata. Lo stato austriaco s'appropriò di ben 497 codici, inviati alla Biblioteca Imperiale di Vienna, mentre i libri stampati furono venduti alla spicciolata.
Marco Foscarini, oltre a raccogliere libri e manoscritti, si dilettava con lo studio della poesia latina e italiana, egli stesso scrisse componimenti poetici. Quando Marco raggiunse l'età prestabilita, entrò nella carriera politica, raggiungendo i più alti vertici. Nel 1762 venne eletto doge, ma il suo dogado fu breve: egli infatti, appena eletto, si sentì male e la sua salute continuò a peggiorare.  Al suo letto furono convocati nove medici e quattro chirurghi che lo sottoposero alle cure più assurde: fu salassato cinque volte, gli furono imposti quaranta clisteri, innumerevoli frizioni e medicine per bocca, gli vennero estratti i calcoli alla vescica e asportate emorroidi, tutti interventi che gli procurarono febbri altissime, capogiri, dolori, difficoltà respiratorie e ovviamente... la morte!

venerdì 23 dicembre 2011

Palazzo Foscarini ai Carmini e le sue stranezze

Un aneddoto, circolante a Venezia nel Settecento, ci rende ragione di quanto ricchi fossero i Foscarini: era voce comune, infatti, che nel loro palazzo situato di fronte alla Chiesa dei Carmini vi fossero più di 200 stanze e nemmeno una sedia per timore che gli ospiti, sedendosi, potessero rovinare le preziose decorazioni degli interni.
Un vero scrigno di tesori artistici, quindi, testimonianza della passione per l'arte e del mecenatismo che caratterizzarono molti componenti della prestigiosa famiglia, la quale possedeva già numerosi palazzi in città.
In ogni caso la famiglia era nota anche per certe loro stranezze. Il loro membro più illustre, Marco Foscarini, eletto doge nel 1762 era uomo particolarmente erudito, ma noto soprattutto per la sua esagerata passione per i coralli, tanto che il celebre letterato Gasparo Gozzi, spesso suo ospite nel bel palazzo di famiglia, si lamentava del fatto che ogni conversazione, in ogni momento della giornata, dovesse riguardare quell'argomento tanto insolito!
Oggi il palazzo è in parte privato e in parte occupato da una delle sedi dell'Università Ca' Foscari di Venezia, ma il suo stato di conservazione non è ottimale e necessita di un integrale restauro.

lunedì 19 dicembre 2011

Il mistero di Ca' Dario

Affacciato sul Canal Grande, tra l'Accademia e la Salute, si trova uno dei più affascinanti palazzi di Venezia: Ca' Dario. Non molto alto, piuttosto stretto (la facciata è più corta di una gondola) e inclinato verso destra, ha una splendida facciata rinascimentale in pietra d'Istria, decorata con marmi policromi e medaglioni circolari.
Il palazzo venne fatto realizzare da Giovanni Dario nel 1487, su un preesistente edificio gotico, ispirato ai modi di Pietro Solari detto il Lombardo.
Giovanni Dario era un mercante di origine cretese, ma fu anche uomo dotato di grande personalità, cultura umanistica e diplomazia, tanto che divenne notaio della Cancelleria Ducale; ma soprattutto viene ricordato per aver negoziato l'accordo di pace del 1479 con il sultano Mehmet II.
Alla sua morte il palazzo passò in eredità alla figlia Marietta, che andò in sposa a Vincenzo Barbaro e da questi al figlio Gasparo. Il palazzo restò della famiglia Barbaro fino alla fine del Settecento.
Da quel momento accadde qualcosa di strano al palazzo che divenne foriero di disgrazie di ogni sorta per chi ne divenne proprietario.
Riportiamo qui solo alcuni esempi:
- Un commerciante armeno di pietre preziose, Arbit Abdoll, fece bancarotta poco dopo aver acquistato il palazzo - Rawdon Brown, ai primi dell'800, si suicidò all'interno del palazzo insieme al compagno, probabilmente a causa dello scandalo provocato dal loro legame omosessuale - Henry De Reigner si ammalò gravemente dopo l’acquisto del palazzo e fu costretto a tornare in Francia - Il conte Giordano delle Lanze, venne ucciso nel palazzo, colpito alla testa con un vaso dal marinaio croato di 18 anni che viveva con lui e che dopo l’omicidio fuggì a Londra, dove venne a sua volta assassinato -  Il manager degli Who, Christoph Lambert, vi muore d’infarto  -  Nel 1964 si fece avanti il tenore Mario Del Monaco che però ruppe le trattative quando, mentre si stava recando a Venezia per perfezionare la compravendita, fu vittima di un gravissimo incidente stradale che ne interruppe per lungo tempo l'attività - All'inizio degli anni Ottanta il palazzo venne acquistato da un uomo d’affari veneziano, Fabrizio Ferrari, che vi si trasferì insieme con la sorella Nicoletta: anch'egli fece bancarotta in poco tempo mentre la sorella morì in un incidente stradale senza testimoni - Alla fine degli anni Ottanta il palazzo venne acquistato dal finanziere Raul Gardini, il quale, dopo una serie di rovesci economici e il coinvolgimento nello scandalo di Tangentopoli, si suicidò tragicamente pochi anni dopo.

Qualcuno ha fatto notare che sulla facciata del palazzo che dà sul Canal Grande si può leggere "Urbis Genio Joannes Darius", che significa "Giovanni Dario al genio della città", ma anagrammando la frase latina diventa: "Sub ruina insidiosa genero", cioè "genero insidiose rovine a chi abita sotto questo tetto".

giovedì 15 dicembre 2011

Il primo film realizzato a Venezia


La prima "carrellata" della storia del cinema venne realizzata a Venezia dai Fratelli Lumière, sistemando la macchina da presa su un vaporetto che percorreva il Canal Grande. Questa tipologia di ripresa in movimento venne allora chiamata "panorama". Era il 1896.
Nel filmato il vaporetto sta risalendo il Canal Grande dall'ansa di Ca' Foscari verso il Ponte di Rialto. La camera è puntata verso sinistra, per cui si intravede nel primo fotogramma l'angolo estremo destro di Palazzo Bernardo, poi Palazzo Donà de la Madoneta (interessante notare che all'epoca non c'erano ancora le due orribili finestre moderne che si vedono oggi all'ultimo piano), Palazzo Donà, Palazzo Papadopoli (col suo giardino), Palazzo Giustinian Businello e Palazzo Barzizza.
Da notare la presenza di alcune gondole con ancora il felze, destinato a scomparire nel Novecento per soddisfare le esigenze dei turisti.

lunedì 12 settembre 2011

Scala Contarini del Bovolo

Il Palazzo Contarini del Bovolo (XV secolo) è celebre per la splendida scala elicoidale esterna a forma di chiocciola (in veneziano: bovolo) che si innesta armonicamente alla facciata a loggiati sovrapposti. La scala risulta esser stata realizzata attorno al 1499 da Giovanni Candi. Dietro la cancellata sono visibili alcune vere da pozzo e una pietra tombale della vicina chiesa di San Paternian (abbattuta).
Lo scrittore veneziano Renato Pestriniero ha dedicato a questo insolito monumento il racconto Nodi, pubblicato per la prima volta nel 1981. Si tratta di un'interpretazione visionaria di notevole suggestione:
"Avevamo lasciato Campo Manin per inoltrarci nell'unico accesso alla corte, una fessura in ombra tra cataste di case antiche, occhiaie nere, bocche di cantine putrescenti, muri di mattoni corrosi dalla salsedine, e alla fine ecco la corte, piccola e raccolta, un pozzo formato da pareti di case sovrapposte, protuberanze, anfratti, un labirinto di volumi incastrati l'uno nell'altro nel corso dei secoli. La scala sorge lì. E' una spirale di gradini che si avvolge all'esterno di una torre cilindrica, un nastro orlato di trine marmoree, un capriccio architettonico.
Cominciai a salire aggirando il corpo cilindrico della costruzione sul quale si avvolge la scala. Sul lato esterno la serie ininterrotta di archi si apriva su un vuoto grigio. Ad ogni decina di gradini passavo accanto a una porta di legno simile a quella dalla quale ero uscito. Un numero così elevato di porte faceva prevedere una struttura interna ben strana. Sostai accanto ad una di esse. Filtravano suoni che non riuscivo ad interpretare, una sorta di scalpiccio, un mormorare proprio accanto all'uscio, eppure lontanissimo, passi soffici provenienti da un silenzio per immergersi in un altro silenzio.
Continuai a salire, ma quando ebbi completato un paio di volute e mi trovai nuovamente sulla verticale della corte, mi resi conto che nelle distanze c'era qualcosa di sbagliato..."