Tutte le costruzioni veneziane, fin dai tempi più antichi, dovettero sottostare a due costrizioni: quella del limitato spazio orizzontale disponibile e quella del limitato peso che poteva essere eretto su un terreno così poco solido come quello argilloso delle isole lagunari.
La costrizione orizzontale (a Venezia la superficie edificabile, ed edificata, è di soli 7kmq) portò i palazzi e le case in genere ad affiancarsi senza interruzioni o divise da calli strettissime, per cui generalmente solo la facciata prospiciente l'acqua è decorata. Dove rii o canali sono stati interrati, eventuali decorazioni di facciate sono indice della loro passata esistenza.
La preoccupazione del peso si ritrova nella scarsa sporgenza dei balconi, nell'uso di scale esterne per tutta l'epoca gotica e successivamente di scale interne prive di balaustre e sormontate a volta per ridurre la pressione dei muri esterni. Questi avevano sovente uno spessore di quattro mattoni al piano terreno che si riducevano poi a tre o anche a due mattoni nei piani superiori. I muri divisori solitamente erano formati da due sottili strati di legno con l'intercapedine riempita di pietrisco e mattoni triturati.
La decorazione delle pareti veniva eseguita in stucco, affreschi, sete o cuoio, spesso campeggiavano placche di "marmorino", una polvere di marmo che somiglia a lastre della stessa materia pur pesando molto meno. Similmente i pavimenti erano ricoperti di "terrazzo", un misto di polveri di marmo, di vetro e di mattoni, sovente con elementi decorativi in tessere di mosaico. Oltre al peso ridotto il pavimento "alla terrazza" ha notevole elasticità, utile a compensare i movimenti delle fondamenta.
I soffitti sono in travi, quanto più leggeri possibili, talvolta dipinti, altre volte nascosti da un leggero reticolato stuccato o affrescato. Eguale leggerezza si ritrova nelle strutture dei sottotetti, nella scelta delle tegole e nella costruzione dei terrazzi sovrastanti i tetti, le "altane".
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venerdì 11 novembre 2011
Struttura delle case veneziane
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lunedì 12 settembre 2011
Scala Contarini del Bovolo
Il Palazzo Contarini del Bovolo (XV secolo) è celebre per la splendida scala elicoidale esterna a forma di chiocciola (in veneziano: bovolo) che si innesta armonicamente alla facciata a loggiati sovrapposti. La scala risulta esser stata realizzata attorno al 1499 da Giovanni Candi. Dietro la cancellata sono visibili alcune vere da pozzo e una pietra tombale della vicina chiesa di San Paternian (abbattuta).
Lo scrittore veneziano Renato Pestriniero ha dedicato a questo insolito monumento il racconto Nodi, pubblicato per la prima volta nel 1981. Si tratta di un'interpretazione visionaria di notevole suggestione:
"Avevamo lasciato Campo Manin per inoltrarci nell'unico accesso alla corte, una fessura in ombra tra cataste di case antiche, occhiaie nere, bocche di cantine putrescenti, muri di mattoni corrosi dalla salsedine, e alla fine ecco la corte, piccola e raccolta, un pozzo formato da pareti di case sovrapposte, protuberanze, anfratti, un labirinto di volumi incastrati l'uno nell'altro nel corso dei secoli. La scala sorge lì. E' una spirale di gradini che si avvolge all'esterno di una torre cilindrica, un nastro orlato di trine marmoree, un capriccio architettonico.
Cominciai a salire aggirando il corpo cilindrico della costruzione sul quale si avvolge la scala. Sul lato esterno la serie ininterrotta di archi si apriva su un vuoto grigio. Ad ogni decina di gradini passavo accanto a una porta di legno simile a quella dalla quale ero uscito. Un numero così elevato di porte faceva prevedere una struttura interna ben strana. Sostai accanto ad una di esse. Filtravano suoni che non riuscivo ad interpretare, una sorta di scalpiccio, un mormorare proprio accanto all'uscio, eppure lontanissimo, passi soffici provenienti da un silenzio per immergersi in un altro silenzio.
Continuai a salire, ma quando ebbi completato un paio di volute e mi trovai nuovamente sulla verticale della corte, mi resi conto che nelle distanze c'era qualcosa di sbagliato..."
Lo scrittore veneziano Renato Pestriniero ha dedicato a questo insolito monumento il racconto Nodi, pubblicato per la prima volta nel 1981. Si tratta di un'interpretazione visionaria di notevole suggestione:
"Avevamo lasciato Campo Manin per inoltrarci nell'unico accesso alla corte, una fessura in ombra tra cataste di case antiche, occhiaie nere, bocche di cantine putrescenti, muri di mattoni corrosi dalla salsedine, e alla fine ecco la corte, piccola e raccolta, un pozzo formato da pareti di case sovrapposte, protuberanze, anfratti, un labirinto di volumi incastrati l'uno nell'altro nel corso dei secoli. La scala sorge lì. E' una spirale di gradini che si avvolge all'esterno di una torre cilindrica, un nastro orlato di trine marmoree, un capriccio architettonico.
Cominciai a salire aggirando il corpo cilindrico della costruzione sul quale si avvolge la scala. Sul lato esterno la serie ininterrotta di archi si apriva su un vuoto grigio. Ad ogni decina di gradini passavo accanto a una porta di legno simile a quella dalla quale ero uscito. Un numero così elevato di porte faceva prevedere una struttura interna ben strana. Sostai accanto ad una di esse. Filtravano suoni che non riuscivo ad interpretare, una sorta di scalpiccio, un mormorare proprio accanto all'uscio, eppure lontanissimo, passi soffici provenienti da un silenzio per immergersi in un altro silenzio.
Continuai a salire, ma quando ebbi completato un paio di volute e mi trovai nuovamente sulla verticale della corte, mi resi conto che nelle distanze c'era qualcosa di sbagliato..."
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lunedì 14 marzo 2011
Sviluppo urbano nell'antica Venezia
Lo sviluppo urbano di Venezia è stato fortemente condizionato dall'ambiente naturale così insolito: la disposizione dei suoi spazi è stata dettata infatti dal continuo rapporto terra-acqua.
Per potersi sviluppare, la città ha dovuto strappare all'acqua il terreno su cui sorgere, rassodando con palafitte di legno o con strati di pietra gli isolotti situati nei luoghi maggiormente difendibili, tanto che il suo tessuto urbano ha assunto caratteristiche apparentemente casuali.
La laguna ha condizionato anche il gusto dei suoi abitanti, perché i rapporti spazio-colore e architettura-luce divennero fondamentali. L'architettura è misura e costruzione dello spazio, ma a Venezia lo spazio si trasformò in luce e colore.
E' facilmente intuibile come ambiente, clima e costume degli abitanti furono gli elementi che maggiormente condizionarono la realizzazione degli edifici pubblici e privati.
La prima accurata descrizione dell'ambiente lagunare è quella del prefetto romano Cassiodoro (VI secolo): "abitanti liberi e autonomi le cui risorse di vita sono la pesca e il sale, e le loro abitazioni sono per lo più di legno con tetto di paglia, materiali adatti ad un terreno fragile e fangoso".
Già nel IX secolo, in alcune zone dal terreno più compatto, si incominciò a costruire anche con la pietra, materiali provenienti per lo più dagli edifici romani distrutti dalle orde barbariche nelle zone di Aquileia e Altino.
Le case erano a due piani: quello inferiore in argilla, più umido, destinato a deposito e quello superiore in legno, più asciutto, ad uso abitativo. Le finestre erano strette, con inferriate, e non era ancora evidente, nella struttura, la distinzione tra i vari ceti sociali.
Nei quattro secoli seguenti si delineò (seguendo un principio policentrico, per cui intorno ad un campo e ad una chiesa si sviluppava il tessuto urbano) l'intera struttura della città, e a fine Trecento Venezia aveva già pienamente raggiunto la sua conformazione e dimensione, non molto diversa da quella che vediamo oggi.
Per potersi sviluppare, la città ha dovuto strappare all'acqua il terreno su cui sorgere, rassodando con palafitte di legno o con strati di pietra gli isolotti situati nei luoghi maggiormente difendibili, tanto che il suo tessuto urbano ha assunto caratteristiche apparentemente casuali.
La laguna ha condizionato anche il gusto dei suoi abitanti, perché i rapporti spazio-colore e architettura-luce divennero fondamentali. L'architettura è misura e costruzione dello spazio, ma a Venezia lo spazio si trasformò in luce e colore.
E' facilmente intuibile come ambiente, clima e costume degli abitanti furono gli elementi che maggiormente condizionarono la realizzazione degli edifici pubblici e privati.
La prima accurata descrizione dell'ambiente lagunare è quella del prefetto romano Cassiodoro (VI secolo): "abitanti liberi e autonomi le cui risorse di vita sono la pesca e il sale, e le loro abitazioni sono per lo più di legno con tetto di paglia, materiali adatti ad un terreno fragile e fangoso".
Già nel IX secolo, in alcune zone dal terreno più compatto, si incominciò a costruire anche con la pietra, materiali provenienti per lo più dagli edifici romani distrutti dalle orde barbariche nelle zone di Aquileia e Altino.
Le case erano a due piani: quello inferiore in argilla, più umido, destinato a deposito e quello superiore in legno, più asciutto, ad uso abitativo. Le finestre erano strette, con inferriate, e non era ancora evidente, nella struttura, la distinzione tra i vari ceti sociali.
Nei quattro secoli seguenti si delineò (seguendo un principio policentrico, per cui intorno ad un campo e ad una chiesa si sviluppava il tessuto urbano) l'intera struttura della città, e a fine Trecento Venezia aveva già pienamente raggiunto la sua conformazione e dimensione, non molto diversa da quella che vediamo oggi.
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