"Durante il Carnevale si organizzano molti piccoli balli che sono chiamati festini. A tal scopo è messa a disposizione una casa, dove una lanterna affissa alla porta e abbellita di ghirlande serve da emblema per tutta la durata del Carnevale; un violino ed una spinetta sono tutto l'apporto musicale, e l'entrata è libera per tutti"
(A.-T.-L. de Saint-Didier, 1680)
giovedì 3 febbraio 2011
mercoledì 2 febbraio 2011
Giorgio Massari, l'ultimo grande architetto della Serenissima
Sulla vita di Giorgio Massari esistono poche notizie, nonostante possa essere considerato l'ultimo grande architetto della Repubblica di Venezia, attento non solo alle costruzioni maggiori come chiese e palazzi, ma anche a quelle minori come cori lignei (Gesuati), confessionali e armadi da sacrestia (San Marcuola) e cancellate così raffinate da sembrare un merletto (Cantorie della Pietà).
Il Massari nacque a Venezia il 13 ottobre 1687 a San Luca da Stefano marangon (falegname) e Caterina Pol. Ebbe una certa istruzione, ma non si conosce come sia stato il suo esordio in architettura. Il primo fra i suoi committenti fu Paolo Tamagnin, ricco commerciante che abitava in Campo San Paternian, per il quale Giorgio costruì una villa ad Istriana nel 1712. Tra i due nacque una forte amicizia e quando il Tamagnin morì, nel 1734, lasciò alla moglie, Pisana Bianconi, solo l'usufrutto del capitale e nominò erede universale il Massari; inoltre gran parte delle rendite doveva essere accantonata per raggiungere la cifra di centomila ducati al fine di ristrutturare la Chiesa di San Giovanni in Bragora.
Nel 1735 Massari sposò la vedova cinquantaseienne del Tamagnin e andò a vivere nella sua casa alla Bragora. Si crede che il matrimonio sia stato il coronamento di un vecchio amore tenuto nascosto per anni.
Rimasto vedovo nel 1751, senza figli, il Massari trascorse una vecchiaia non facile a causa di numerosi acciacchi: lo si intuisce dall'inventario dei suoi beni personali, tra i quali un elenco di spese con un passivo di ben 70 ducati per medici e medicine. Nonostante le difficoltà fisiche, la sua attività si protrasse fin quasi alla morte, avvenuta il 20 dicembre 1766.
Il Massari fu un architetto stimato, pur nella sua semplicità e spontaneità. Non era particolarmente erudito, ma era un attento e preciso osservatore delle opere dei grandi maestri come Palladio, Sansovino e Longhena. Fu sempre pronto ad accettare consigli e non fu mai avido di denaro.
Fu però anche invidiato da certi suoi colleghi; così scrisse il Temanza di lui: "Il superbo e maligno Massari, ma dovrei dire l'ignorante asinaccio. Uomo tolto dall'umile professione di legnaiolo e per sola fortuna innalzato alla stima di celebre Architetto".
Il Massari nacque a Venezia il 13 ottobre 1687 a San Luca da Stefano marangon (falegname) e Caterina Pol. Ebbe una certa istruzione, ma non si conosce come sia stato il suo esordio in architettura. Il primo fra i suoi committenti fu Paolo Tamagnin, ricco commerciante che abitava in Campo San Paternian, per il quale Giorgio costruì una villa ad Istriana nel 1712. Tra i due nacque una forte amicizia e quando il Tamagnin morì, nel 1734, lasciò alla moglie, Pisana Bianconi, solo l'usufrutto del capitale e nominò erede universale il Massari; inoltre gran parte delle rendite doveva essere accantonata per raggiungere la cifra di centomila ducati al fine di ristrutturare la Chiesa di San Giovanni in Bragora.
Nel 1735 Massari sposò la vedova cinquantaseienne del Tamagnin e andò a vivere nella sua casa alla Bragora. Si crede che il matrimonio sia stato il coronamento di un vecchio amore tenuto nascosto per anni.
Rimasto vedovo nel 1751, senza figli, il Massari trascorse una vecchiaia non facile a causa di numerosi acciacchi: lo si intuisce dall'inventario dei suoi beni personali, tra i quali un elenco di spese con un passivo di ben 70 ducati per medici e medicine. Nonostante le difficoltà fisiche, la sua attività si protrasse fin quasi alla morte, avvenuta il 20 dicembre 1766.
Il Massari fu un architetto stimato, pur nella sua semplicità e spontaneità. Non era particolarmente erudito, ma era un attento e preciso osservatore delle opere dei grandi maestri come Palladio, Sansovino e Longhena. Fu sempre pronto ad accettare consigli e non fu mai avido di denaro.
Fu però anche invidiato da certi suoi colleghi; così scrisse il Temanza di lui: "Il superbo e maligno Massari, ma dovrei dire l'ignorante asinaccio. Uomo tolto dall'umile professione di legnaiolo e per sola fortuna innalzato alla stima di celebre Architetto".
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martedì 1 febbraio 2011
"Non riceverai molte descrizioni. Non è possibile farlo per l'ebbrezza che Venezia mette addosso"
(Sigmund Freud in una lettera alla moglie, 1895)
(Sigmund Freud in una lettera alla moglie, 1895)
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lunedì 31 gennaio 2011
L'erezione delle chiese di San Teodoro e di San Geminiano
Correva l'anno 552 e il re degli Ostrogoti, Totila, alla testa del suo esercito lacerava un'Italia infelice. L'imperatore bizantino Giustiniano aveva eletto il suo generale Narsete come comandante in capo di tutte le truppe a difesa dell'Italia, con il compito preciso di debellare gli Ostrogoti. Questi, alla testa dell'esercito bizantino, risalì la Dalmazia, l'Istria e giunse ad Aquileia. A questo punto si aprivano di fronte a lui due strade, una che si avventurava in acqua e navigando un po' in laguna, un po' in mare aperto, portava all'esarcato, l'altra terrestre, passando per Treviso. Quest'ultima, certamente più rapida, era però molto pericolosa, così Narsete decise di rivolgersi ai veneziani chiedendo il loro aiuto per il trasporto delle truppe. I veneziani immediatamente si impegnarono ad approntare i navigli e gli armamenti per il trasporto dell'esercito bizantino.
Durante la fase preparatoria il generale Narsete fece visita alla città di Rivoalto (l'antico nome di Venezia, toponimo all'origine di "Rialto"). A lungo si fermò ad esaminare da vicino la singolare posizione di questi luoghi e la sorprendente e industriosa attività della città lagunare, della quale aveva sentito parlare in termini entusiastici. Egli, prima di lasciare la laguna per intraprendere la spedizione militare, fece voto che in caso di vittoria sarebbe tornato a avrebbe fatto erigere a sue spese due chiese, una dedicata a San Teodoro, il santo greco primo patrono di Venezia, e l'altra a San Geminiano.
L'esito della guerra fu positivo: l'armata di Totila venne messa in fuga dopo una cruentissima battaglia, e tra i caduti si contò anche lo stesso capo ostrogoto. Narsete, fedele alla promessa fatta, fece ritorno a Rivoalto, approvò i disegni delle due chiese votive e ne ordinò l'erezione. I due templi sorsero uno di fronte all'altro, sulle due rive opposte del canale Batario che anticamente correva nello spazio che oggi è occupato dalla piazza San Marco.
La piccola chiesa di San Teodoro verrà poi inglobata nella basilica di San Marco, mentre la chiesa di San Geminiano verrà demolita ai primi dell'Ottocento per volere di Napoleone. Il canale Batario venne interrato nel 1156 allo scopo di rendere più ampia e comoda quella che sarebbe diventata la "piazza più bella del mondo".
(Fonte: M. Brusegan)
Durante la fase preparatoria il generale Narsete fece visita alla città di Rivoalto (l'antico nome di Venezia, toponimo all'origine di "Rialto"). A lungo si fermò ad esaminare da vicino la singolare posizione di questi luoghi e la sorprendente e industriosa attività della città lagunare, della quale aveva sentito parlare in termini entusiastici. Egli, prima di lasciare la laguna per intraprendere la spedizione militare, fece voto che in caso di vittoria sarebbe tornato a avrebbe fatto erigere a sue spese due chiese, una dedicata a San Teodoro, il santo greco primo patrono di Venezia, e l'altra a San Geminiano.
L'esito della guerra fu positivo: l'armata di Totila venne messa in fuga dopo una cruentissima battaglia, e tra i caduti si contò anche lo stesso capo ostrogoto. Narsete, fedele alla promessa fatta, fece ritorno a Rivoalto, approvò i disegni delle due chiese votive e ne ordinò l'erezione. I due templi sorsero uno di fronte all'altro, sulle due rive opposte del canale Batario che anticamente correva nello spazio che oggi è occupato dalla piazza San Marco.
La piccola chiesa di San Teodoro verrà poi inglobata nella basilica di San Marco, mentre la chiesa di San Geminiano verrà demolita ai primi dell'Ottocento per volere di Napoleone. Il canale Batario venne interrato nel 1156 allo scopo di rendere più ampia e comoda quella che sarebbe diventata la "piazza più bella del mondo".
(Fonte: M. Brusegan)
venerdì 28 gennaio 2011
L'altra Venezia: percorsi musicali
Il servizio de L'altra Venezia si arricchisce ancora e presenta: Storia della Musica a Venezia.
Si tratta di due percorsi musicali che raccontano la storia della musica a Venezia dal XVI al XX secolo. Le tracce dei teatri barocchi e degli ospedali musicali sono ancora poco conosciute, ecco quindi l'idea di realizzare degli itinerari specifici alla scoperta della faccia complementare alla pittura veneziana. Sì perché i viaggiatori europei che nel XVIII secolo giungono a Venezia scrivono resoconti dai quali traspare una città permeata e avvolta nella musica, quasi senza che si possano distinguere i suoni naturali dell'acqua che scorre nei canali e delle grida dei gabbiani, da quelli suonati dagli strumenti nelle chiese, nei palazzi e negli angoli delle strade.
Ai progenitori della musica veneziana si aggiungono nel tempo i grandi compositori stranieri che qui vengono a cercare ispirazione, e a volte anche a restarci, imprigionati dalla magia ammaliatrice della sua atmosfera sonora. Così, da crocevia delle merci, Venezia diventa una meta irrinunciabile per chiunque nutra passione e interesse per la musica, sia questa sacra o popolare.
Vedi anche scheda: Itinerario sulla Storia della Musica a Venezia
Si tratta di due percorsi musicali che raccontano la storia della musica a Venezia dal XVI al XX secolo. Le tracce dei teatri barocchi e degli ospedali musicali sono ancora poco conosciute, ecco quindi l'idea di realizzare degli itinerari specifici alla scoperta della faccia complementare alla pittura veneziana. Sì perché i viaggiatori europei che nel XVIII secolo giungono a Venezia scrivono resoconti dai quali traspare una città permeata e avvolta nella musica, quasi senza che si possano distinguere i suoni naturali dell'acqua che scorre nei canali e delle grida dei gabbiani, da quelli suonati dagli strumenti nelle chiese, nei palazzi e negli angoli delle strade.
Ai progenitori della musica veneziana si aggiungono nel tempo i grandi compositori stranieri che qui vengono a cercare ispirazione, e a volte anche a restarci, imprigionati dalla magia ammaliatrice della sua atmosfera sonora. Così, da crocevia delle merci, Venezia diventa una meta irrinunciabile per chiunque nutra passione e interesse per la musica, sia questa sacra o popolare.
Vedi anche scheda: Itinerario sulla Storia della Musica a Venezia
mercoledì 26 gennaio 2011
"Venezia! Se mi avessero detto che quello che vivevo era vero non ci avrei creduto, talmente erano irreali e piene di stupore quelle ore passate in questa città unica"
(Jules Massenet)
(Jules Massenet)
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martedì 25 gennaio 2011
Contaminazioni bizantine nella lingua veneziana
Parole ed espressioni quotidiane dei greci che vivevano a Venezia sono alla base di una particolare parlata, detta "venetogrecesca". Questo idioma lessicale è filtrato nella commedia dialettale (particolarmente viva nel Cinquecento) dove s'incontrano figure convenzionali come il recitatore del prologo, il vecchio innamorato, lo stradioto (soldato greco) millantatore.
Il dialetto veneziano ha preso in prestito circa 300 vocaboli greci, molti riguardano il settore delle costruzioni e rivelano la diretta partecipazione di maestranze greche nell'edilizia veneta. Per fare qualche esempio: il pato de la scala è il pianerottolo, il pato de la porta, la soglia: dal greco patos, "pavimento". Di maggior rilievo è il liagò o diagò, cioè "luogo esposto al sole", da heliakos (Helios=Sole).
Ma il segno più evidente della prevalenza greca nel campo dei lavori edilizi è nascosto in una parola di uso comune: sproto. Oggi lo sproto, nel veneziano corrente, è un saccentone, un presuntuoso, Col suo corredo di sprotada, sprotezzo, sprotin e sprotar si rifà all'atteggiamento di superiorità che dovevano avere i capo-cantiere, chiamati in Grecia protomaistor, letteralmente "primo maestro", termine riferito specificamente al capo dei muratori e passato poi a designare il responsabile di un settore dell'Arsenale.
Ma come non ricordare il termine veneziano per designare la "forchetta": piron, in strettissima assonanza con il greco piruni!
Il dialetto veneziano ha preso in prestito circa 300 vocaboli greci, molti riguardano il settore delle costruzioni e rivelano la diretta partecipazione di maestranze greche nell'edilizia veneta. Per fare qualche esempio: il pato de la scala è il pianerottolo, il pato de la porta, la soglia: dal greco patos, "pavimento". Di maggior rilievo è il liagò o diagò, cioè "luogo esposto al sole", da heliakos (Helios=Sole).
Ma il segno più evidente della prevalenza greca nel campo dei lavori edilizi è nascosto in una parola di uso comune: sproto. Oggi lo sproto, nel veneziano corrente, è un saccentone, un presuntuoso, Col suo corredo di sprotada, sprotezzo, sprotin e sprotar si rifà all'atteggiamento di superiorità che dovevano avere i capo-cantiere, chiamati in Grecia protomaistor, letteralmente "primo maestro", termine riferito specificamente al capo dei muratori e passato poi a designare il responsabile di un settore dell'Arsenale.
Ma come non ricordare il termine veneziano per designare la "forchetta": piron, in strettissima assonanza con il greco piruni!
mercoledì 19 gennaio 2011
"Io stesso mi sforzo di ascoltare i colori così come ascolto le pietre o i cieli di Venezia: come rapporti tra ondulazioni, vibrazioni... svincolati da ogni laccio simbolico. Mi sono anch'io divertito ad ascoltare e numerare le differenti sonorità della Lavanda dei piedi di Tintoretto. Si tratta appunto di uno spazio a episodi, a isole..."
(Luigi Nono)
(Luigi Nono)
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martedì 18 gennaio 2011
Sunshine Award
Sono smisuratamente felice di comunicarvi che ho ricevuto un premio. Un premio "ufficioso" e per questo ancor più apprezzato: lo Sunshine Award.
Il piacere è ancor più grande se penso che mi giunge da una persona di grande sensibilità e intelligenza che conduce con stile e passione il suo blog: Gialli e Geografie, ringrazio quindi di cuore Nela San per avermi inserito nell'elenco dei suoi 12 blog preferiti!
Lo Sunshine Award è una sorta di segnalazione di stima verso quei blogger che si leggono e si stimano in particolar modo..
Quando si riceve il premio,
- oltre a ringraziare chi ci ha premiato [grazie Nela]
- si scrive un post per il premio, come questo
- si passa il Premio a 12 blog che riteniamo meritevoli,
- si inseriscono i link qui di seguito e
- si comunica ai loro rispettivi autori l'assegnazione del premio
Questi sono i miei Top 12 (in ordine alfabetico):
1. Accademia Affamati Affannati impossibile da etichettare...
2. Alloggi Barbaria il miglior blog in circolazione su Venezia
3. Brain 2 brain riflessioni filosofiche stimolanti
4. Camera Doppia un blog non di fotografia ma sulla fotografia
5. Cartolleria qui nessuna parola, si comunica solo con la magia delle immagini
6. Cavoletto di Bruxelles il miglior blog di cucina in assoluto!
7. Engrammi La biblioteca del curioso - divagazioni sull'arte
8. Gli stupidi pensieri pensieri bislacchi (dice lei) di un cervello interessante (dico io)
9. Mammanarchica il blog di una mamma alternativa
10. Passaggi mimetici poesia in nuova veste
11. Personalità confusa un blog geniale!
12. VU30 vietato under 30
Buona lettura.
Il piacere è ancor più grande se penso che mi giunge da una persona di grande sensibilità e intelligenza che conduce con stile e passione il suo blog: Gialli e Geografie, ringrazio quindi di cuore Nela San per avermi inserito nell'elenco dei suoi 12 blog preferiti!
Lo Sunshine Award è una sorta di segnalazione di stima verso quei blogger che si leggono e si stimano in particolar modo..
Quando si riceve il premio,
- oltre a ringraziare chi ci ha premiato [grazie Nela]
- si scrive un post per il premio, come questo
- si passa il Premio a 12 blog che riteniamo meritevoli,
- si inseriscono i link qui di seguito e
- si comunica ai loro rispettivi autori l'assegnazione del premio
Questi sono i miei Top 12 (in ordine alfabetico):
1. Accademia Affamati Affannati impossibile da etichettare...
2. Alloggi Barbaria il miglior blog in circolazione su Venezia
3. Brain 2 brain riflessioni filosofiche stimolanti
4. Camera Doppia un blog non di fotografia ma sulla fotografia
5. Cartolleria qui nessuna parola, si comunica solo con la magia delle immagini
6. Cavoletto di Bruxelles il miglior blog di cucina in assoluto!
7. Engrammi La biblioteca del curioso - divagazioni sull'arte
8. Gli stupidi pensieri pensieri bislacchi (dice lei) di un cervello interessante (dico io)
9. Mammanarchica il blog di una mamma alternativa
10. Passaggi mimetici poesia in nuova veste
11. Personalità confusa un blog geniale!
12. VU30 vietato under 30
Buona lettura.
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lunedì 17 gennaio 2011
Il diario di un grande pittore.
"Allora caro zio, verrete a vivere con noi?". All'invito del giovane nipote l'uomo rispose con un forte abbraccio. "Sarai come un figlio", esclamò. "Vi terrò come un padre" rispose il ragazzo. Queste reciproche manifestazioni d'affetto, in una splendida giornata di sole a Venezia, venivano poi annotate durante la notte in un quaderno alla fioca luce di una candela. Un quaderno che non era un diario qualunque, ma il libro dei conti e delle confidenze di Lorenzo Lotto: uno dei più grandi, e meno compresi, artisti del Cinquecento. Di carattere difficile, forse arrendevole con troppa facilità, Lorenzo Lotto si trovò a dividere la scena artistica del suo tempo con personalità del calibro di Tiziano e del Bellini. Un confronto non impari, ma nella quale la personalità fragile del Lotto non riuscì a competere.
La convivenza con il giovane nipote Mario veniva vissuta dal pittore con l'animo sulla difensiva e una meticolosità dettate da un carattere costellato di nostalgie e amarezze. Ma anche da un paterna bontà. "Voglio che mi considerino davvero come un padre" egli pensava commosso nel momento in cui, con i pochi soldi messi da parte grazie alle sempre più rade commissioni pittoriche acquistava piccoli regali alla famiglia, soprattutto per le bambine. Chissà quanta tenerezza deve aver provato Lorenzo quando sui banchi del mercato di Rialto sceglieva scarpe e vestitini per la piccola Lauretta.
Qualche volta a cena capitava qualche amico, non molti per la verità, il più assiduo era il Sansovino. Alla sera, Lorenzo annotava tutto sul proprio quaderno, silenzioso e fedele compagno delle sue confidenze. Qualche anno dopo Lorenzo decise che era ormai giunto il momento di togliere il disturbo e si trasferì prima a Treviso, presso un amico, poi partì per le Marche, la terra che più volte in passato l'aveva accolto e gli aveva fornito occasioni di lavoro. Ma neanche lì riuscì a trovare committenti interessati alla sua arte.
Stanco e provato, egli decise, nell'agosto del 1550, di stabilirsi definitivamente a Loreto e di prendere i voti. Nel suo quaderno scrisse: "Per non andarmi avolgendo più in mia vecchiaia ho voluto quetar la vita in questo Santo locho". Lì si spegnerà l'8 settembre del 1554.
Oltre alle straordinarie, e troppo tardi rivalutate, opere d'arte sparse nelle collezioni di tutto il mondo, Lorenzo Lotto ci ha lasciato il proprio quaderno: un documento che rappresenta la grande umanità di questo sfortunato e incompreso artista
English version
Version française
(Fonti: D. Mazzetto - P. Zampetti)
La convivenza con il giovane nipote Mario veniva vissuta dal pittore con l'animo sulla difensiva e una meticolosità dettate da un carattere costellato di nostalgie e amarezze. Ma anche da un paterna bontà. "Voglio che mi considerino davvero come un padre" egli pensava commosso nel momento in cui, con i pochi soldi messi da parte grazie alle sempre più rade commissioni pittoriche acquistava piccoli regali alla famiglia, soprattutto per le bambine. Chissà quanta tenerezza deve aver provato Lorenzo quando sui banchi del mercato di Rialto sceglieva scarpe e vestitini per la piccola Lauretta.
Qualche volta a cena capitava qualche amico, non molti per la verità, il più assiduo era il Sansovino. Alla sera, Lorenzo annotava tutto sul proprio quaderno, silenzioso e fedele compagno delle sue confidenze. Qualche anno dopo Lorenzo decise che era ormai giunto il momento di togliere il disturbo e si trasferì prima a Treviso, presso un amico, poi partì per le Marche, la terra che più volte in passato l'aveva accolto e gli aveva fornito occasioni di lavoro. Ma neanche lì riuscì a trovare committenti interessati alla sua arte.
Stanco e provato, egli decise, nell'agosto del 1550, di stabilirsi definitivamente a Loreto e di prendere i voti. Nel suo quaderno scrisse: "Per non andarmi avolgendo più in mia vecchiaia ho voluto quetar la vita in questo Santo locho". Lì si spegnerà l'8 settembre del 1554.
Oltre alle straordinarie, e troppo tardi rivalutate, opere d'arte sparse nelle collezioni di tutto il mondo, Lorenzo Lotto ci ha lasciato il proprio quaderno: un documento che rappresenta la grande umanità di questo sfortunato e incompreso artista
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