martedì 21 settembre 2010

domenica 19 settembre 2010

Il tesoro scomparso della Zecca

Il 12 maggio 1797 Napoleone occupa Venezia. E' la prima volta nella sua lunga storia che la città cade in mani nemiche e subisce un saccheggio di proporzioni colossali, si parla del 70-80% dei suoi beni artistici razziato. Su un tesoro però i nuovi padroni non riescono a mettere le mani: l'oro della Zecca di Stato. Forse per questo hanno poi utilizzato la Zecca per fondere l'ingente patrimonio delle reliquie, per lo più bizantine, in possesso di chiese e monasteri veneziani soppressi.
Tre senatori, d'altrettante nobili famiglie, sovrintendevano al funzionamento del cuore monetario della Repubblica e questi, probabilmente prima della capitolazione ai francesi, devono aver pensato di mettere tali sostanze al sicuro, dove i nuovi occupanti non andassero a frugare. Tra le varie ipotesi sul nascondiglio del tesoro, una si incentra sull'isola della Certosa, una delle più belle e curate della laguna a quel tempo, che godeva dell'attenzione delle più eminenti famiglie le quali l'avevano eletta a loro Pantheon. Pare quindi che il Savio Cassier con i suoi collaboratori possedessero qui, nel chiostro piccolo, dei loculi e proprio di questi si siano serviti per occultare il tesoro.
Chissà poi che strade avrà preso il gruzzolo nascosto di cui non si fa più cenno in alcun documento. Forse i nobiluomini disperando in un ritorno della Serenissima all'antica gloria, se lo sono spartito fra loro o forse la fortuna giace ancora sepolta da qualche parte sull'isola...



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giovedì 16 settembre 2010

San Marco in trono e Santi

La piccola pala, realizzata da Tiziano per la chiesa di Santo Spirito in Isola a Venezia, è un ex voto per una grave epidemia di peste che colpì la città nel 1510, facendo un gran numero di vittime. Questo spiega la presenza simultanea, oltre a San Marco, di quattro santi che la tradizione considera apotropaici. San Rocco, in abiti da pellegrino indica con la mano destra la piaga della peste sulla sua coscia. Un bellissimo San Sebastiano, trafitto da una freccia, volge lo sguardo assorto verso l'esterno. La presenza dei santi Cosma e Damiano, medici e protettori dei medici, intende legare scienza e fede nella lotto contro la temuta epidemia.
La tipologia dell'ex voto, così ampia da comprendere architettura, pittura e scultura, ha come principale obiettivo il manifestare e rendere tangibile la gratitudine di una intera comunità (ma anche di un singolo individuo) per un pericolo scampato. Nei casi più importanti lo schema iconografico si avvale di una struttura compositiva a piramide, al cui vertice si trova Dio Padre o Gesù o Maria Vergine o un Santo importante, poi altri Santi inerenti il tema dell'ex voto, infine i committenti o le persone che hanno ricevuto la speciale protezione.
Il termine "ex voto" deriva dal latino "votum" da "vovere", cioè "fare una promessa".
La pala, oggi custodita nella Basilica della Salute, è la conferma della pienezza della concezione coloristica dell'artista e del suo originale trattamento della luce. Ma è anche  un chiaro messaggio, politico e ideologico, di virtù civiche veneziane.
 

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martedì 14 settembre 2010

Una gita in barca in laguna

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domenica 12 settembre 2010

Il leone di San Marco

Fu Sant'Ireneo nel II sec. che per primo attribuì i simboli ai quattro Evangelisti: l'aquila a San Giovanni, il bue a San Luca, l'angelo a San Matteo e il leone a San Marco. Ma ancor prima della nascita di Cristo le dodici tribù ebraiche si raggruppavano a gruppi di tre sotto simboli simili: Issachar, Zabulon e Giuda: il leone; Ruben, Simeone e Gad: l'angelo-uomo; Efraim, Manasse e Beniamino: il toro; Dan, Aser e Neftali: l'aquila. Questi animali ricordano gli ancor più antichi Karibu assiri, esseri dalla testa umana, corpo di leone, zampe di toro e ali d'aquila.
Il leone è simbolo di potenza, di sovranità, ma anche del Sole, dell'oro, della forza penetrante della luce e della parola. Krishna, dice la Bhagavad Gita, è "il leone tra gli animali"; il Buddha è "il leone della Shakya". E' la potenza della shakti, dell'energia divina, ma anche portatore di conoscenza. Si legge nei Veda indiani:"Quando egli insegna il Dharma ad una assemblea, suona come il ruggito del leone". Parole simili a quelle di San Marco all'inizio del suo Vangelo quando descrive San Giovanni Battista che "ruggisce nel deserto".
Il leone rappresenta anche la giustizia: da cui i leoni del trono di Salomone.
In Estremo Oriente il leone è un animale fortemente emblematico, con profonde affinità con il drago, ed è in grado di proteggere dalle influenze malefiche. In Egitto i leoni sorvegliano il trascorrere del tempo.
A Venezia, malgrado il trafugamento del corpo di San Marco avvenga nell' 828, la figura del leone quale simbolo dello Stato sarà adottata soltanto nel XII secolo. I mosaici della cappella di Sant'Isidoro, nella Basilica di San Marco, raffigurano la traslazione del corpo di Sant'Isidoro dall'isola di Chio per opera del doge Domenico Michiel, avvenuta nel 1125. Questi mosaici raffigurano la fortezza dell'isola di Chio, un molo e delle galere. Varie bandiere sventolano sia sulla fortezza sia sulla poppa delle galee. Su ogni bandiera è raffigurato un leone.
I colori utilizzati per il leone e per lo sfondo nello stendardo di Venezia variano moltissimo nei secoli, la Serenissima infatti non codificò mai ufficialmente la sua araldica, così che leone e bandiera furono rappresentati in modo assai differente, comunque i colori più usati sono il leone in color oro su sfondo rosso o su sfondo azzurro.

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venerdì 10 settembre 2010

La Scuola Grande di San Rocco

L'equivalente veneziano della Cappella Sistina di Roma è la Scuola Grande di San Rocco, nel senso che, all'interno, vi è un ciclo pittorico completo eseguito da un solo artista che sapeva, sin dal progetto iniziale, che sarebbe stato l'unico realizzatore della decorazione. Oltre quaranta grandi tele dipinte da Jacopo Tintoretto decorano le pareti ed i soffitti della sede della Confraternita votata a San Rocco, protettore degli appestati.
Il risultato artistico è stupefacente: la luce è l'elemento principale della pittura di Tintoretto, più ancora del colore che aveva caratterizzato l'opera del Tiziano e dei maestri veneziani del Rinascimento, con drammatici effetti chiaroscurali culminanti nella splendida "Crocifissione" della Sala dell'Albergo, nella figura circonfusa di luce del Cristo al centro della composizione.
Si dice che Tintoretto ottenne l'incarico grazie ad un piccolo trucco: quando i Confratelli organizzarono il concorso per decidere a chi affidare la decorazione dell'intera Scuola chiesero a diversi artisti di presentare un progetto per l'ovale nel soffitto della Sala dell'Albergo. Tintoretto però riuscì segretamente a farsi dare le misure esatte dell'ovale e così invece di realizzare una bozza eseguì il dipinto completo! Per la giuria la scelta fu quasi obbligata...

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martedì 7 settembre 2010

Asolo

E' stata definita la "città dei mille orizzonti" per la sua posizione geografica, ma Asolo è soprattutto un borgo noto per la sua storia e le sue regine. Sì, perché ad Asolo soggiornarono due donne famose: la veneziana Caterina Cornaro, regina di Cipro e "figlia prediletta della Serenissima Repubblica di Venezia", che qui tenne corte per più di trentanni, e, secoli dopo, la "divina" Eleonora Duse che ad Asolo dimorò a lungo e dove volle esser sepolta.
L'antica sede della Comunità Asolana, una costruzione a portico del XV sec. decorata con affreschi, detta la Loggia del Capitano, ospita oggi il Museo Civico ricco di dipinti di scuola veneta e statue del Canova, nonché cimeli di Caterina Cornaro, Eleonora Duse e Gabriele D'Annunzio.
Dalla porta del Colmarion si sale all'incantevole Rocca dalle alte mura merlate dalla quale si gode di uno splendido panorama.
Nel Duomo sono conservate opere di Lorenzo Lotto e Jacopo Bassano.




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domenica 5 settembre 2010

Copyright

Venezia fu la prima nella storia a riconoscere il diritto d'autore sulle invenzioni dell'uomo. Una disposizione del 19 marzo 1474 assegna ai Provveditori de Comun il compito di sovrintendere alla registrazione dei brevetti: "Ci sono molti uomini, in questa città e nelle sue vicinanze - si legge dal testo originale - attratti dalla sua eccellenza e magnificenza, molti uomini di diverse origini, con menti ingegnose e in grado di immaginare e scoprire diversi oggetti artificiosi. E se si facesse sì che altri non potessero riprodurre le opere e gli artifici da essi inventati, e garantirne loro l'onore, allora questi uomini userebbero le loro menti per scoprire cose di non poca utilità per la nostra Repubblica". Il testo prosegue spiegando come sia "prohibito a chadaun altro in alguna terra e luogo nostro, far algun altro artificio ad imagine et similitudine di quello, senza consentimento et licentia del auctor, fino ad anni X". L'eventuale contraffattore era condannato a pagare 100 ducati all'autore, e l'oggetto copiato sarebbe stato distrutto.

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domenica 29 agosto 2010

Venezia e le sue donne

Ci sono dei pregiudizi ancora abbastanza radicati sulla vita dei veneziani ai tempi della Repubblica. Sono pregiudizi che risalgono al 1818 quando apparve il libro di Pierre-Antoine Daru, Historie de la Rèpublique de Venise, che presenta il governo veneziano come regime bieco e tirannico. Niente di più falso.
Venezia fu il rifugio di perseguitati politici di altri stati, aveva una regolamentazione carceraria umana (cosa che ancora oggi non tutti gli stati hanno), e una politica sociale invidiabile. E la condizione femminile a Venezia appare unica per dignità e libertà, certamente ancora insufficiente ed inadeguata, ma di sicuro incomparabile con quella di altri stati in quella epoca.
Si legge nell'Editto di Rotari: "Se la moglie avrà ucciso il marito, sia uccisa, e i suoi beni siano assegnati ai parenti del marito, mentre se il marito avrà ucciso ingiustamente la moglie, paghi un risarcimento di 1200 scudi..." A Venezia viceversa abbiamo numerose sentenze di condanna per uxoricidio che prevedono la condanna a morte del marito. Anche nei casi di violenza carnale abbiamo numerose sentenze che vedono la donna in posizione vantaggiosa.
Nella civilissima Firenze la donna aveva meno possibilità che a Venezia di disporre dei propri beni in sede testamentaria. A Venezia la donna col divenire maggiorenne usciva dalla patria potestà (questo già a fine Trecento). A Venezia una donna poteva stipulare ogni tipo di atto: compravendite, locazioni, donazioni, prestiti.... Tutte possibilità impensabili altrove.
Questa ampia libertà ha permesso che a Venezia alcune donne si siano conquistate un posto nella storia: Elena Lucrezia Corner Piscopia, la prima donna laurerata nel mondo, Elisabetta Caminer Turra, considerata la prima redattrice letteraria in Europa, Rosalba Carriera, la prima pittrice donna a cui la società colta dell'epoca aprì le porte di corti reali e palazzi nobiliari, e Lucrezia Marinelli, prima femminista della storia, autrice del libro: Della nobiltà et eccellezza delle donne (1610).




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venerdì 27 agosto 2010

Isola di San Giorgio in Alga

Il nome dell' isola si riferisce alla presenza di alghe nella zona proliferate a causa dell'ambiente che si era creato nella fusione delle acque del fiume Brenta con quelle della laguna.
In quella zona si ha memoria, intorno al Trecento, dell'esistenza della così detta "Puncta canetorum", sorta di lunga penisola che si era formata da Fusina fino a collegarsi quasi con Venezia a Santa Marta. Terra che venne rimossa per impedire una facile via d'accesso alla città ad eventuali nemici. Si dispose di prelevare da quel sito la terra che serviva per bonificare e interrare altre zone della laguna.
L'isola di San Giorgio in Alga era luogo di accoglienza e di congedo di eminenti personaggi che giungevano a Venezia. Si ricorda in proposito la grande cerimonia organizzata per la partenza del re di Francia Enrico III per Fusina accompagnato dal doge Mocenigo, e in seguito l'accoglienza fatta al papa Pio VI.
Vi aveva sede un monastero benedettino, poi dal 1350 fu degli eremiti agostiniani.
Ma fu nel '400, con l'arrivo dei Canonici Regolari, che l'eremo divenne importante centro di umanisti. Fra questi si ricordano: Gabriele Condulmer, che divenne papa col nome di Eugenio IV, e quel Lorenzo Giustinian, detto "il Santo" che, dopo essere stato priore del monastero, fu nominato primo Patriarca di Venezia.
Il monastero vantava una preziosa biblioteca e varie opere d'arte del Veronese, del Vivarini e del Bellini; un angolo della laguna meta di raffinati studiosi.
Vi funzionava un sistema di segnalazioni per facilitare la navigazione delle imbarcazioni di passaggio, e la grande "cavana" accoglieva i natanti in caso di tempesta.
Ai Canonici Regolari subentrarono i Carmelitani Scalzi che vi rimasero fino al '700.
Nel 1717 un devastante incendio distrusse il sito con le sue preziose opere d'arte, biblioteca ed arredi vari; un vero disastro che segnò definitivamente il luogo.
Trasformato in carcere politico, con la caduta della Repubblica fu utilizzata come polveriera.
Ora restano i ruderi della chiesa, del monastero, della cavana, spogliati dei fregi, delle patere e di una vera da pozzo. C'era sull'angolo delle mura una statua della Madonna che ora è sistemata a Mazzorbo.

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Fonte: Fuga & Vianello